StraStorie – Format di narrazione condivisa

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lunedì 21 novembre 2016

StraStorie per BookCity al traguardo!

Ieri in tarda serata, con la pubblicazione dei finali dei racconti del bandito e del campione, si è chiusa la prima tappa di StraStorie realizzata per BookCity Milano. Però da una storia – soprattutto se è una StraStoria – possono nascerne tante altre, quindi continuate a seguirci!

Per ora godiamoci i due racconti di Gino Cervi (il campione) e Matteo Speroni (il bandito), scritti a puntate in tre giorni, attraverso il confronto dal vivo e sul web e grazie alle suggestioni dei lettori.

Qui i link a IL BANDITO di Matteo Speroni:  
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-1-lincipit.html
2. Né santo né pollastro: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-2-ne-santo-ne-pollastro.html
3. Un diòvu nella notte:
http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-3-un-diovu-nella-notte.html
4. I lupi a Milano: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-4-i-lupi-milano.html
5. Il ribelle torna a casa: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-5-il-ribelle-torna-casa.html


Qui i link a IL CAMPIONE di Gino Cervi:  
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-1-lincipit.html 
2. Il Giraghepardo: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-2-il-giraghepardo.html
3. Caduta al tabarin: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-3-caduta-al-tabarin.html
4. Il Gira a Parigi: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-4-il-gira-parigi.html 

5. Nessuno è distante: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-5-nessuno-e-distante.html

StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
Con Gino Cervi e Matteo Speroni
Illustrazioni di Riccardo Guasco
Sul web (qui e su www.facebook.com/strastorie) e al Laboratorio Formentini
#StraStorie #BCM16

Pubblicato da StraStorie alle 12:35 Nessun commento:
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domenica 20 novembre 2016

IL BANDITO – 5. Il ribelle torna a casa

IL BANDITO – 5. Il ribelle torna a casa
di Matteo Speroni


Quando a Sante passa la febbre è morto. Eppure è vivo, vivissimo, anzi, è già a Parigi, ma si sparge la voce che il cadavere di un uomo che si è suicidato per non farsi catturare dei gendarmi francesi, vicino a Nuits sous-Raviéres, sia quello di Pollastro. Sante conosce Parigi, ci era già stato, l’anno prima aveva persino incontrato il Gira, il campione, al Vel d’Hiver, il velodromo dove si disputava una storica Sei giorni. Di quell’incontro resta una fotografia, nella quale sia Costante sia Sante all’ultimo momento prima dello scatto cercano di non farsi riconoscere, consapevoli che non sarebbe convenuto a entrambi, sia al campione – un personaggio pubblico – sia al bandito – un ricercato – essere immortalati in quel frangente.
A Parigi, Sante fa il suo dovere di ladro e rapinatore, ma fa anche la bella vita, sono gli anni in cui la città non dorme mai, è un mondo in movimento frenetico, tra locali notturni, musica, artisti, scrittori, flâneur, vagabondi, perdigiorno e sciupa-notte. E di esuli italiani, antifascisti espatriati. Sante frequenta anche gli ambienti anarchici, d’altra parte aveva sempre avuto simpatia per l’anarchia, lui, il bandito contro lo Stato, contro i fascisti, il ribelle che uccideva le guardie, e solo le guardie.
La giostra si spegne il 10 agosto 1927, quando il vicequestore Rizzo, un mastino e un segugio, con l’aiuto dei gendarmi francesi, arresta Sante alla fermata della metropolitana di Place des Nations. Le catene che gli serrano ai polsi lo conducono nel tunnel di trentadue anni di carcere, da Santo Stefano, a Procida, a Parma. Nel 1959 è libero, torna a Novi e si arrangia con diversi lavori, la malavita è sepolta per sempre.
A fine degli anni Sessanta, Sante è sempre a Novi. Ogni giorno, verso sera, prima dell’ora di cena passa dal locale di un amico, Amedeo. Si siede, sfoglia qualche giornale, sorseggia un Punt e mes che dura un’ora, a volte dà anche una mano ad Amedeo dietro il bancone.
Una sera d’inverno, Sante sta per entrare al bar, ma dai vetri appannati scorge seduto al un tavolo un volto noto, anzi notissimo: è il Gira, è proprio lui, il campionissimo, ormai a riposo. Sante si volta, torna a casa a passo veloce, prende una scatola di legno da un cassetto, la apre e s’infila in tasca qualcosa.
Cinque minuti dopo è di nuovo al bar. Stavolta apre deciso la porta e si dirige verso il Gira.
Costante alza lo sguardo dal giornale. Una volta, due volte, poi gli occhi si illuminano di sorpresa.
«Sante!»
«Sono io. Come stai campione?»
Le parole corrono, il primo imbarazzo si stempera nella familiarità di due che sono Sante e Costante, non il bandito e il campione.
Sante estrae dalla tasca una fotografia, la appoggia sul tavolo. Costante la osserva, fa il gesto di pulirla con la mano. Ma non basta una spolverata per far sì che i due uomini ritratti in quello scatto, come per magia, incrocino uno sguardo di affetto. Restano lì, congelati in bianco e nero, schivi e imbarazzati. Costante si alza e si erge di fronte e Sante. Dopo un fremito di esitazione, il bandito e il campione si abbracciano, una stretta lunga e forte, nella sala quasi deserta. Peccato che, in quel momento, nel bar non ci fosse un fotografo.


LA STRASTORIA DEL BANDITO FINISCE QUI. MA CHISSÀ CHE PRESTO NON NE COMINCI UN'ALTRA, E POI UN'ALTRA ANCORA...

QUI IL LINK A IL BANDITO:
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-1-lincipit.html
2. Né santo né pollastro: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-2-ne-santo-ne-pollastro.html
3. Un diòvu nella notte:
http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-3-un-diovu-nella-notte.html
4. I lupi a Milano: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-4-i-lupi-milano.html

StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
Con Gino Cervi e Matteo Speroni
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Bistrot in rue Ravignan 74, uno dei rifugi di Sante Pollastro a Parigi, da "Le confessioni di Pollastro" di Luigi Brignoli.
Pubblicato da StraStorie alle 22:09 Nessun commento:
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IL CAMPIONE – 5. Nessuno è distante

IL CAMPIONE – 5. Nessuno è distante
di Gino Cervi


Cosa avvenne in quel breve, fuggevole incontro?
Santino aveva una cosa da dire a Costante. Una di quelle cose che ci si porta dentro e che pesano come un fardello pesante. Santino si fidava del Gira. Un campione è un campione. Mettere nelle sue mani una confessione sarebbe stato come chiuderla in una cassaforte.
Ma il Gira aveva come una strana sensazione. Da un lato si sentiva lusingato. Il terribile bandito Pollastro chiedeva di lui, chiedeva di parlare con lui, come si chiedeva di essere ricevuti dal Papa.
Dall'altro aveva paura di mettersi nei guai. Quel sacramento di Cavanna lo aveva fatto andare fuori strada altre volte. E non voleva rischiare, il Campionissimo. Lui, di solito, così attento a non farsi mettere in mezzo, così scaltro in corsa, così furbo a ingannare gli avversari lui, e non a farsi ingannare.
C'era puzza di goeuba, d'inganno, di trappola...


Ma alla fine vinse la curiosità. I due si parlarono. Si sorrisero, si raccontarono di Novi, della loro Novi. A Santino mancava Novi, mancava il Borgo, quell'aria in fondo alla campagna, che già però fa sentire il mare, non lontano, ma neanche troppo vicino, che altrimenti mette troppa paura, di notte, soprattutto. Come quando ti sorprende un bandito dietro l'angolo di un vicolo.

Pollastro vuotò il sacco.
«Solo a te lo posso confessare, Gira. E se mi succede qualcosa, ti prego, vallo a dire tu ai carabinieri, alla polizia, al giudice. A chi vuoi tu. Ma vallo a dire. A te crederanno. Il mio amico Carrega, quello della rapina di Tortona, quello che sta scontando in carcere la pena per omicidio, non c'entra nulla. Non è stato lui a sparare, son stato io! Se mi succede qualcosa, ti prego, di’ a tutti che lui non c'entra niente. E che son stato io. E non lui...»


Furono poche parole, forse una foto, fatta di sfuggita da qualche fotografo curioso che aveva visto il Campionissimo, in accappatoio, parlare fitto fitto con qualcuno. Cavanna si accorse e smanacciò via il fotoreporter.
Una foto un po' mossa, col Gira che si volta con la faccia stupita e quell'altro che nasconde il volto all'ultimo istante. Una foto misteriosa, che molti dicono di aver visto, ma nessuno poi sa davvero dove. Una foto che per anni resta l'anello mancante.


Due anni dopo, il 10 agosto 1927, Sante Pollastro viene catturato dalla polizia francese che mette fine al suo breve, ma intenso periodo di latitanza. Il terribile bandito Sante Pollastro termina qui la sua carriera. Estradato, la giustizia italiana lo condannerà all'ergastolo. Il “nemico pubblico numero uno” sconterà la sua pena nel carcere duro all'isola di Santo Stefano. Solo la grazia del presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, lo libererà dopo 32 anni, l'8 agosto 1959.

Costante Girardengo nel 1926 vincerà ancora la Milansanremo e poi ancora, per l'ultima volta, la sesta, nel 1928. Poi, quasi più nulla. La dittatura di Alfredo Binda è cominciata. Il Campionissimo non è più il più forte. Continuerà lo stesso a correre fino a 43 anni, nel 1936. Difficile smettere quando sei stato il Campionissimo. Un giorno, sarà stato il 1935, si dice che una volta, allenandosi su per le colline del Tortonese, Costante si vedesse affiancare da un ragazzino in bicicletta. Un ragazzino magro che spingeva un cancello più grande di lui. Aveva gambe infinite e un torace che sembrava un albatros. Il naso fendeva l'aria come una prua. Pedalarono in silenzio per un po'. Poi, alla rampa di Carezzano, il ragazzino diede uno strattone al manubrio e scattò. Due, tre pedalate e il Gira non ebbe neanche il tempo di vederlo sparire dietro la curva del macellaio. Costante scrollò la testa e si fermò alla fontana del paese. Appoggiò la bicicletta al muretto e riempì la borraccia. Poi chiese al vecchio che stava seduto e lo fissava. «Chi è quello là?»
Il vecchio alzò appena lo sguardo e rispose: «Fausto, Fausto di Castellania».

Girardengo la fece finita con la bici. In bici ci faceva salire gli altri e li faceva correre. Provò a scritturare per la Maino proprio quel diavolo di ragazzino che l'aveva staccato sulla salita di Carezzano. Ma prima di lui era arrivato Biagio Cavanna: e quasi vennero alle mani. Da quel momento non si parlarono più. Mise in piedi una propria squadra, la Girardengo, per tutti gli anni Cinquanta. Fino al 1959.

Nel 1959 Girardengo smette di essere un nome sulle maglie dei corridori professionisti. Nel 1959 Sante Pollastro smette i panni del carcerato. 

Una foto. Chissà se è mai esistita.
Dieci anni dopo. Fine anni Sessanta. Un distinto signore, con un bel cappotto cammello, non molto alto, coi capelli appena screziati di grigio, si vede riflesso nel grande specchio sopra gli scaffali coi liquori e con le grappe. Il barista si volta e sembra riconoscerlo. Come quella notte nelle strade deserte di Novi. L'uomo col Borsalino. Come quella volta lungo il ciglio ad aspettare la corsa.
«Costante.»
«Santino.»
«Sei tu?»
«Sapevo di trovarti qui. Ti ho portato questa.»
E appoggia sul bancone zincato una vecchia foto. Mossa, sfocata, quasi sbiadita sotto le luci al mercurio. Un volto che si stupisce. Un altro che si nasconde.
«Ma noi, siamo mai stati amici?»
«Non lo so. A veder questa foto si direbbe di sì. O forse di no. Io quasi mi vergogno, tu ti nascondi.»


Le vite sono strane. Si intrecciano come fili, si mischiano come acque di torrenti che si fanno fiumi. Ce ne sono di lunghe e infinite che ne contengono di brevi e luminose come il fulmine. Alcune passano in fretta, come quel ragazzino che scompare dietro la curva. Altre abbracciano gli anni e cambiano velocità: incalzano il tempo, lo ritmano, poi rallentano, si fermano.
Costante Girardengo, nome lungo e resistente come una corsa a tappe, come i trecento chilometri di una Milansanremo, era un campione che vinceva con la scaltrezza del bandito. Colpiva a sorpresa. Spariva nella corsa e poi riappariva, un Fantomas in sella. Sante avrebbe voluto essere il Gira. E il Gira, forse, qualche volta, il Sante.
Corsero spericolati sulla pista della vita. Curve da prendere a tutta, gomiti larghi per farsi strada, sprint come pistolettate. Come nell'americana, si diedero qualche volta la mano. Per lanciarsi più forte.
Sante.
Costante.
Nessuno dei due è distante. 


LA STRASTORIA DEL CAMPIONE FINISCE QUI. MA CHISSÀ CHE PRESTO NON NE COMINCI UN'ALTRA, E POI UN'ALTRA ANCORA... 

QUI I LINK A IL CAMPIONE:  
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-1-lincipit.html 
2. Il Giraghepardo: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-2-il-giraghepardo.html
3. Caduta al tabarin: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-3-caduta-al-tabarin.html
4. Il Gira a Parigi: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-4-il-gira-parigi.html



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con Gino Cervi e Matteo Speroni
Sul web (qui e su www.facebook.com/strastorie) e al Laboratorio Formentini
#BCM16 #StraStorie



L'immagine è tratta da “La Tribuna illustrata”, 16 febbraio 1930. La didascalia recita: “Un gendarme francese ha fermato Costante Girardengo il quale, compiendo un allenamento sulla Riviera Ligure, aveva oltrepassato la frontiera, perché la sua bicicletta non era provvista della targa imposta dal regolamento stradale in Francia”.
 
Pubblicato da StraStorie alle 22:03 Nessun commento:
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Jess il bandito a StraStorie

All'ultimo incontro di StraStorie per BookCity al Laboratorio Formentini oggi abbiamo avuto una grande sorpresa. Tra il pubblico c'era anche Arnaldo Gesmundo, alias Jess il bandito, che ci ha parlato degli echi della fama di Pollastro arrivati sino a lui quand'era bambino, negli anni Trenta, e ci ha dato un prezioso suggerimento per la conclusione delle StraStorie. Sante non era solo un bandito: Sante era un ribelle. 

A tra poco per il finale di StraStorie!

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Un progetto di Valeria Ravera
Con Gino Cervi e Matteo Speroni
#StraStorie #BCM16

Arnaldo Gesmundo, alias Jess il bandito, a StraStorie


Pubblicato da StraStorie alle 20:30 Nessun commento:
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Work in progress – 4

La quarta puntata delle StraStorie è stata pubblicata!
Il bandito: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-4-i-lupi-milano.html
Il campione: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-4-il-gira-parigi.html

I racconti si stanno avviando alla conclusione, ma potete darci ancora suggerimenti sul web (qui e su www.strastorie.it) o di persona, alle 18 al Laboratorio Formentini, in via Formentini 10, Milano, nel terzo incontro dal vivo a BookCity.

http://www.bookcitymilano.it/eventi/2016/strastorie-3-il-bandito-e-il-campione-interagisci-con-gli-autori-mentre-scrivono-e-contribuisci-al-processo-creativo

E poi, dopo l'incontro, rien ne va plus, e stasera il gran finale!

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#StraStorie #BCM16
Pubblicato da StraStorie alle 16:10 Nessun commento:
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IL BANDITO – 4. I lupi a Milano

IL BANDITO – 4. I lupi a Milano
di Matteo Speroni


«Un bel cappello», pensa Sebastiano, affacciato all’unica finestra dalla quale filtra una luce fioca nella notte di Novi, mentre segue con gli occhi la figura che passa veloce in strada. Non sa che quell’uomo è Sante Pollastro. «Quanta fretta. Ma chissà cosa c’ha da fare questo qui, che non c’è in giro neanche un gatto», riflette Sebastiano. «Buona notte», sussurra allo sconosciuto, ma è più un augurio a se stesso. Va in cucina, beve un bicchiere d’acqua e si rimette a letto. Fa fatica a prendere sonno, perché lì a Novi non ci voleva andare. Il primo servizio lo ha prestato nel 1901 in un paese della provincia di Varese, a Gallarate. Già da allora, il brigadiere Sebastiano Pulvirenti sognava di essere trasferito a Milano, la grande città. «Là sì che la squadra mobile lavora, e lavora bene». Niente. A 42 anni si trova ancora in mezzo alle campagne. Non sa che la sbiadita Novi – come la vede lui – quattro anni dopo scaglierà una scheggia fino a Milano, e che la scheggia è proprio quell’uomo con il cappello. Ora però il vagabondo solitario per le strade di Novi gli ha fatto uno strano effetto: nella notte anestetizzata della cittadina piemontese almeno una cosa è accaduta, qualcuno cammina per strada. Come se avesse consegnato a Sante il testimone dell’insonnia, Sebastiano si addormenta.
La sveglia trilla a Milano, il 17 novembre del 1926. Il brigadiere Pulvirenti è vestito da operaio, come i suoi due colleghi. Sono in un’osteria, l’osteria Colombo, in via General Govone, periferia nebbiosa. Da Gallarate, a Novi, a Milano, sembra che la nebbia insegua Sebastiano. Ma finalmente gli è stata affidata un’operazione come si deve, con tanto di travestimento e personaggio. Perché per fare lo sbirro “sotto copertura” non bastano il coraggio, il senso del dovere, la preparazione. Bisogna anche sapere recitare. «Un mestiere completo», confida Sebastiano al maresciallo La Corte, anch’egli addobbato da operaio. Non lo dice per piaggeria, Sebastiano è entrato davvero nella parte. Peccato che ai tre poliziotti sia sfuggito un dettaglio. Le scarpe un po’ troppo pulite per essere operai. Il maresciallo si piazza nel retro del locale e gioca a carte con il brigadiere Montanari. Pulvirenti legge il giornale vicino al bancone. Un appostamento studiato in caserma, una trappola nella quale devono infilare la zampa i due lupi, i due pericolosi ricercati. Sebastiano non lo sa, ma uno di questi è un uomo che aveva già visto, la figura frettolosa con il cappello, una notte di quattro anni prima, a Novi. Adesso però Sante non porta il Borsalino, ma la calibro 6 sì. La stessa che aveva riposto in tasca poco prima di passare sotto la finestra di Sebastiano, sempre a Novi, sempre durante quella lunga notte.
La moglie dell’oste, con un segnale, avvisa che i banditi sono entrati nell’osteria, ma i lupi fiutano l’agguato: scarpe troppo linde, per essere operai. Più veloci delle guardie, fanno fuoco. Montanari cade in una botola del locale e si salva. La Corte viene colpito a morte, Pulvirenti cerca di bloccare i banditi, ma un proiettile lo centra in testa e lo uccide all’istante. Pollastro e il compare riescono a scappare. Fuori dall’osteria si separano. Sante per alcuni giorni rimbalza da un paese all’altro. Medita la fuga in Francia. Raggiunge Ventimiglia. Mostra documenti falsi al portiere di un albergo e sale le scale fino alla sua stanza. È stanco, è braccato, e ha ucciso ancora. Deve riposare. Si siede sul letto, si sdraia, si risiede. Non riesce a prendere sonno. Si affaccia alla finestra e osserva la notte intorpidita della cittadina ligure. Nessuno in giro. Si sente anche la febbre, Sante, e la vista comincia a fargli strani scherzi. Il comodino pare gonfiarsi e sgonfiarsi, pulsare. La Madonna nel quadretto di fronte a lui si trasforma, prima nella sorella Carmelina, poi in Maria, poi nella madre. Sarà la stanchezza, sarà la febbre, sarà quell’occhio sinistro che sfugge. «Sarà che ho ucciso ancora». È dicembre, ma Sante suda. Apre la finestra, si affaccia. Nessuno. No, qualcuno c’è. In strada appare una figura che cammina rapida. Un uomo con un cappello, un Borsalino. Ma è subito svanita.


LA STORIA STA PER FINIRE... MA C'È ANCORA TEMPO SINO ALLE 18 PER I VOSTRI SUGGERIMENTI!

QUI IL LINK A IL BANDITO:
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-1-lincipit.html
2. Né santo né pollastro: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-2-ne-santo-ne-pollastro.html
3. Un diòvu nella notte:
http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-3-un-diovu-nella-notte.html

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#StraStorie #BCM16 


Documento falso di Sante Pollastro, da "Le confessioni di Pollastro" di Luigi Brignoli.

Antica pubblicità della fabbrica di cappelli Borsalino



Pubblicato da StraStorie alle 15:33 Nessun commento:
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IL CAMPIONE – 4. Il Gira a Parigi

IL CAMPIONE – 4. Il Gira a Parigi
di Gino Cervi


Vel d'Hiv! Vel d'Hiv! Che bel nome, sembra un soffio: Vel d'Hiv. Uno sbuffo, il fruscio di un palmer sul parquet. Già perché qui la pista è un parquet di listelli tirato a lucido come una balera.
Vel d'Hiv. Vélodrome d'Hiver. Parigi, XVe arrondissement, tra boulevard de Grenelle e rue Nelaton. La Tour Eiffel non è distante. In questi giorni, è la sera del 24 settembre 1925, se alzi gli occhi e guardi in su ci vedresti passare un dirigibile. Sembra un grande squalo grigio ormeggiato alla punta della Torre.
La sera del 24 settembre 1925 è una gran sera. Una gran sera per il ciclismo internazionale. Al Vel d'Hiv, il più grande, il più importante velodromo di Parigi, si sfidano tre campioni francesi, i fratelli Pellissier – Henri, Francis e Charles – e tre campioni italiani: Ottavio Bottecchia, che poche settimane prima ha vinto il suo secondo Tour de France; Alfredo Binda, giovane astro nascente del ciclismo italiano; e Girardengo, il Campionissimo. I francesi hanno sete di rivincita. Da due anni gli italiani, e quel mulo friulano di Bottecchia in particolare, vengono a spadroneggiare sulle strade d'Oltralpe. E si meritano una bella lezione. Dove? Ma nel salotto buono del ciclismo parigino. Il Vel d'Hiv!


Che magia, la pista del Vel d'Hiv. E tutto quello che gli sta intorno. Una grande cattedrale di ferro e cemento. Un'enorme vetrata lo ricopre ma lascia passare la luce di giorno, ed è illuminata da grandi lampade al mercurio la sera. La pista è un biliardo ovale di listelli di pino. Le due curve si innalzano come due muri, paurosi a vederli. Paurosi ancor di più se ci devi pedalare sopra. E forte, altrimenti scivoli a terra come una saponetta. In mezzo alla pista, una grande pelouse, che durante le riunioni sembra un accampamento indiano. Decine e decine di box la ritagliano. Dentro i corridori, i pistard, con i loro suiveur e i loro masseur. Intorno le tribune, in mattoni e cemento, arrivano a ospitare diciassettemila spettatori.
Ci sono tutti quella sera. Le luci sono forti sulla pista e sembrano lucidarla ancora di più. Le tribune sono un muro buio di folla, indistinta eppure brulicante di facce, mani, cappelli, sigarette, cappotti, redingote, giarrettiere. E gridi e sospiri. Il mondo che si mischia: l'avvocato con l'imbianchino, l'anarchico e il panettiere, l'infermiera e il cirrotico.


Il Gira è lì che aspetta. Sono passati tanti anni, e il Campionissimo è sempre lui. Anche se adesso, quel ragazzino lì, l'Alfredo, che ha fatto il muratore in Francia e in Francia ha cominciato a pedalare e a vincere, il Binda, dicono tutti che presto sarà lui il nuovo asso pigliatutto.
Il Gira dentro al box socchiude gli occhietti da faina. Biagio Cavanna affonda le manone nelle cosce e nei polpacci. Si spande la puzza dell'olio canforato, che pizzica il naso.
“Biagio, ma cosa ne dici del Binda?”
“Che l'è forte! Ma adesso non ci devi pensare! Che oggi non ci corri mica contro.”
“Sì, ma secondo te, è più forte di me?”
“Ma va là, pistola! Tu sei il Campionissimo. Non devi avere paura di nessuno, te...”
“Sì, ma quello lì c'ha dieci anni meno di me...”
“E tu dieci anni di esperienza in più!”
Chiude gli occhi il Gira e si lascia massaggiare dalle mani del Biagio che impastano quadricipiti e polpacci come se fossero farina e uova e acqua. Per tirare poi la sfoglia, sottile, sottile, per i tajarin. Gialli. Gialli come quelle lampade che illuminano la sala...


Il Gira si addormenta. I pensieri si danno il cambio con i sogni. Sogna Ettorino, che adesso ha sei anni. “Un bel fiulin! Ma che strano che c'ha la faccia sbirola di qualcuno che ricordo appena. E l'occhio strabico. Ma è Ettore o Santino? Ma no, Santino, sono anni che non lo vedo più. Chissà che fine ha fatto adesso che lo cercano dappertutto. Dicono che sia proprio qui, in Francia. Che anche a Parigi abbia messo su una banda di balordi che va in giro a far rapine e a sparare... Certo che a Novi continuano a parlare di lui, del bandito. Del banditissimo. Quasi quasi sembra che sia più famoso di me. E che abbia fatto fuori più guardie e carabinieri lui, più di tutte le corse che ho vinto io. Guarda te che la vita è bella strana! Io volevo diventare campione, anzi campionissimo. E adesso che ce l'ho fatta, son qui che invidio il Pollastro perché a Novi si ricordano più di lui che di me. Chissà poi tra poco, quando tutte le corse le vincerà, quello lì, il Binda!”

Tra il sonno e la veglia, il Gira sente un fischio.
“No, impossibile. Mi sarò sbagliato. Qui c'è un gran frastuono...”
Eppure è proprio un fischio. E non un fischio qualsiasi. L'è proprio il cìfulo, il fischio che fanno quelli di Novi per riconoscersi...
Il Gira apre gli occhi e davanti, di fianco al Cavanna, si ritrova lui, proprio lui. Il bandito. Il Sante Pollastro.
“Osti, la goeuba! Adesso mi fregano...” 


LA STORIA STA PER FINIRE... MA C'È ANCORA TEMPO SINO ALLE 18 PER I VOSTRI SUGGERIMENTI!

QUI I LINK A IL CAMPIONE:  
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-1-lincipit.html 
2. Il Giraghepardo: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-2-il-giraghepardo.html
3. Caduta al tabarin: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-3-caduta-al-tabarin.html
 


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Vélodrome d'Hiver, Parigi

Costante Girardengo (al centro) al Vélodrome d'Hiver, Parigi, 1919.

Pubblicato da StraStorie alle 15:00 Nessun commento:
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sabato 19 novembre 2016

Work in progress – 3

La terza puntata delle StraStorie è stata pubblicata!

Il bandito: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-3-un-diovu-nella-notte.html
Il campione: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-3-caduta-al-tabarin.html

I nuovi spunti dei lettori sono stati vagliati e rilanciati dagli autori in direzioni davvero sorprendenti!

Potete darci gli altri vostri suggerimenti su come proseguire sul web (qui e su www.strastorie.it) o di persona, tra poco, alle 18 al Laboratorio Formentini, in via Formentini 10, Milano, per il secondo incontro dal vivo a BookCity.

E poi, sempre con altre idee e altre parole, domani nel primo pomeriggio verrà pubblicata la quarta parte delle storie del bandito del campione... To be continued!

StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
con Gino Cervi e Matteo Speroni
 
#StraStorie #BCM16

http://www.bookcitymilano.it/eventi/2016/strastorie-2-il-bandito-e-il-campione-interagisci-con-gli-autori-mentre-scrivono-e-contribuisci-al-processo-creativo
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StraStorie a Caterpillar Radio2 Rai

Ieri, dopo imprevedibili peripezie ciclistiche in perfetto stile bandito e campione, StraStorie si è collegato in diretta con Caterpillar Radio2. Ecco il link del podcast con la nostra intervista (dal minuto 42.50 alla fine). 

http://www.radio.rai.it/podcast/A46276771.mp3

Grazie a Sara Zambotti e a Massimo Cirri per il collegamento, e a Paolo Labati per aver provato a raggiungerci al Laboratorio Formentini!

StraStorie per BookCity Milano #StraStorie #Caterpillarrai #BCM16

http://www.radio.rai.it/podcast/A46276771.mp3

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IL CAMPIONE – 3. Caduta al tabarin

IL CAMPIONE – 3. Caduta al tabarin
di Gino Cervi


Vai, Girardengo, vai grande campione!
«Gira, Gira!»
«Bravo Gira!»
«Gira, vieni qui! Dài, dài ancora un bicchiere! Brindiamo al grandissimo Costante!»
E giù pacche sulle spalle, e giù bicchieri di champagne! Al tabarin Excelsior di Sanremo sono le due di notte e al Gira... gira la testa da un bel po'.
Tutti lo cercano, tutti lo vogliono. Tutti gli offrono da bere, al grande campione.


Tutta colpa del Biagio. Ma sì, di quello lì. L'umòn di Novi. Il Cavanna! L'allenatore dei campioni.
Una furia, un'ossessione quando c'è da allenarsi, da preparare le gare. E non mangiar questo e non mangiar quello. E vai a letto presto. E fai quest'esercizio e poi quest'altro.
Poi però, a gara finita, se c'è da festeggiare diventa un ciclone. Non lo tieni più. Nei tabarin ci sta come il topo nel formaggio. Bottiglie che vanno e vengono. Arrivano piene e van via vuote.
Il Gira non è mica abituato. Al massimo un bicchiere di barbera, ma solo ai pasti. E poi niente.
Ma il Cavanna, quella sera, è un insaziabile pantagruel. Tartine, champagne, e sigari.
E intorno, come le api al miele, uno sciame di donnine.
«Costante, Costante, bello il mio campione!»
«Gira, ma lo sai che sei proprio un bell'ometto!»
«Su, dài, dammi un bacino, non fare il timido!»


Costante sbanda. Più facile tenere in piedi la bici giù a rompicollo per la discesa del Turchino, con la pioggia e le raffiche di vento, che far finta di niente, e dire “No, no grazie! No, dài, lascia stare!” Gira, gira, gira la testa al Gira. Sarà lo champagne. Sarà il profumo di quella mora lì, che sa di arancia e cannella. Saranno le gambe di quella rossa là, che il Cavanna non vedrebbe l'ora di massaggiare. E la scollatura della bionda, sì, la bionda, la Milady, che ti ci butteresti dentro, altro che la discesa del Turchino!

Fumi dei sigari, una nebbia che neanche in Valpadana. E fumi dell'alcol: le bottiglie di champagne han lasciato il posto a quelle di ratafià. Porca miseria, l'è dura anche la vita del campione. Il resto della notte è tutto un fumo...

Tum, tum! Sempre più forte. Tum, tum, tum!
Dalla finestra lame di luce. Fuori il sole è già alto.
«Ma cos'è 'sto rumore. Ah, che mal di testa! Mi sembra d'averci dei chiodi piantati!»
Ma sì, bussano alla porta della camera.
Il Gira si mette seduto, a fatica. Ha la lingua più ruvida di un palmer. Gli occhi più pesti dei pedali. Allunga una mano.
«Osti, ma chi c'è nel letto! Diòvu, la biunda!»
La bionda tutta nuda che respira placida nel sonno sollevando a tempo il suo bendidio.
E da sta parte?
«Diu faus!»
La rossa e i suoi due metri di gambe. Aperte! Il Costante si sveglia in un letto non suo e in mezzo a due signorine che erano state anche di molti altri.


E intanto fuori dalla stanza bussano più forte.
«'Rivu, 'rivu!»
«Signor Girardengo, presto! C'è una telefonata per lei...»
«Una telefonata! Santa madòna, cosa sarà! 'Rivu, 'rivu.»
Si riveste a malapena, una maglia, le braghe. Apre la porta della camera dell'hotel. Esce in corridoio. Fa le scale barcollando, che gli tremano le gambe per la corsa del giorno prima, e per quella della notte appena passata. Si appoggia al corrimano. Nella hall, lo guardano un po' storto. «Signor Girardengo, il telefono è là!»
Costante alza il ricevitore, un po' indeciso, un po' spaventato.

«Pronto, chi parla?»
«Custant, Custant, l'Agustina l'ha fa'! Sei papà, Costante! È nato Ettore! Sei contento?»
Costante non risponde. Silenzio.
«Custant, Custant, ma ci sei? Mi ascolti? Hai capito cosa ti ho detto?»
«Sì, sì... e... e... che sono... sono... non so cosa dire... ecco. Ma la sta ben l'Agustina?»
«Sì, sì, la sta ben. E 'sta ben anche l'Ettore! Vedrai che campione, anche lui!»
«Eh, campione, campione...»
A Costante gli si riempiono gli occhi di lacrime. Non sa se per la commozione o per il rimorso.
«Va ben, va ben. Prendo il primo treno e turni a cà!»


Mette giù e si trova davanti il Biagio. L'umon.
«E allora, Costante! Auguri, e complimenti! Campione e papà!»
«Ma va' a dà via al cü, Biagio!»
Gli ringhia dietro Costante. E prende le scale di fretta.
«Costante, Costante, uè! Ma cosa c'hai stamattina?» lo insegue Cavanna.
«Eh, cosa c'ho, cosa c'ho! Lo sai ben tu cosa c'ho. Guarda come mi son ridotto... Una merda, una merda ecco quel che sono... Nasce mio figlio e io son qui, qui... tra... tra...»
«Ma lascia perdere, Costante! È stata una défaillance! Come quando si spacca una ruota, dai... Poi si rimonta in sella. E via!»
«Ma va, via! Via! Merda che sei anche tu...! Non ti voglio più vedere...»


E LA STORIA CONTINUA... ANCHE GRAZIE AI VOSTRI SUGGERIMENTI!

QUI IL LINK A IL CAMPIONE: 
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-1-lincipit.html
2. Il Giraghepardo: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-2-il-giraghepardo.html


StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
Con Gino Cervi e Matteo Speroni
Illustrazione di Riccardo Guasco
 

Sul web (qui e su www.facebook.com/strastorie) e al Laboratorio Formentini  
#BCM16 #StraStorie

"Cavanna", illustrazione di Riccardo Guasco

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IL BANDITO – 3. Un diòvu nella notte

IL BANDITO – 3. Un diòvu nella notte
di Matteo Speroni


Altroché pollastro, pollo, o fesso. È vero, da piccolo Sante era un bambino buono e socievole. Ma mite proprio no. Da quando aveva perso il padre, a soli sette anni, qualcosa si agitava dentro di lui. Aveva cominciato a lavorare come garzone muratore, per portare a casa qualche soldo, ma gli ordini dei suoi “padroni” aizzavano il diòvu, il “diavolo” che aveva nello stomaco – come aveva detto a un amico dopo che un “capo” gli aveva urlato in faccia. Allora aveva cominciato a rubare, nient’altro che mattonelle, alla stazione, ma a tredici anni era stato sorpreso dalle guardie ed era finito in prigione. Dietro le sbarre Sante si era comportato bene ma, dentro, il suo diòvu impazziva, ruggiva. Appena tornato libero, non era più il bambino gentile di un tempo. Taciturno, ma imprevedibile e iracondo. Tra la gente di Novi il suo nome usciva dalle bocche non più che sussurrato, soprattutto dopo il 14 luglio del 1922. Quel giorno, Sante è a Tortona con altri tre. Aspettano un cassiere che porta il denaro della banca in bicicletta. I rapinatori avevano studiato i ruoli, provato le mosse, come in un gioco teatrale. Ma la realtà è un’altra faccenda, in scena entra un estraneo, un personaggio inaspettato: la paura. L’agguato è rapido, ma il cassiere si spaventa, reagisce, nella concitazione viene fulminato da un colpo di pistola. Da quel momento Sante non può più tornare in paese, a Novi, anzi non può più farsi vedere in alcun paese. Si rifugia nella boscaglia, la Frascheta. Quando le guardie battono le campagne per stanarlo, lui si arrampica sugli alberi, si imbosca tra le frasche. Vive come un primitivo nella macchia. Giornate fosche e notti umide, una dopo l’altra. A Sante manca la sua Novi, non ha l’animo dell’eremita. Così, ogni tanto, quando il cielo è senza luna, il lupo della Frascheta si avventura in paese, a Novi, va a visitare le sue strade. Ma Sante non è solo un vagabondo malinconico. Sante è un bandito. Durante le passeggiate notturne progetta furti e rapine, il paese diventa territorio di caccia per prossimi colpi. E la solitudine nutre anche pensieri ossessivi, Sante fantastica di incontrare nel buio chi lui crede sia una spia o chi lo ha trattato male quando era bambino o – magari! – quel capoccia che gli urlò in faccia e svegliò il diòvu. Una notte, mentre Sante si aggira come uno spettro nel paese immobile, uno strano sentimento gli cresce nello stomaco, proprio lì, dove sta il diòvu: una ferocia soffice, fredda e composta. Una specie di fame. Dopo avere svoltato un angolo, scorge una figura scura. Davanti a lui un uomo avvolto in un cappotto cammina a passo lento. Indossa scarpe lucide e porta un cappello, sembra un Borsalino. «Un uomo elegante» pensa Pollastro «non ha le tasche vuote.» Sante infila la mano nella sua, di tasca, e anche questa non è vuota, come sempre c’è la calibro 6. La estrae, raggiunge l’uomo, gli appoggia la canna della pistola sulla schiena. «Dammi tutto, i soldi e anche il Borsalino.» L’uomo si volta con calma, intercetta lo sguardo spiritato di Sante e scandisce tre parole: «Sai chi sono?». Sante è sorpreso, spiazzato. Esita, poi ribatte: «Ha importanza?». L’uomo, flemmatico, soggiunge: «Tu mi conosci. Tutti mi conoscono qui. Sono Costante. Sono il Gira». Sante fa un passo indietro e lo osserva. «Il Gira, il Gira…», ripete tra sé e sé, ipnotizzato. Poi si scuote: «Tu invece questa notte non mi hai visto. Hai incontrato un fantasma». Costante accenna a un sorriso. «Un fantasma con il cappello.» Si toglie il Borsalino, lo calza sulla testa di Sante, si volta e, senza fretta, si allontana nell’oscurità.

E LA STORIA CONTINUA... ANCHE GRAZIE AI VOSTRI SUGGERIMENTI!

QUI IL LINK A IL BANDITO – 1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-1-lincipit.html IL BANDITO – 2. Né santo né pollastro: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-2-ne-santo-ne-pollastro.html

StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
Con Gino Cervi e Matteo Speroni

Sul web (qui e su www.facebook.com/strastorie) e al Laboratorio Formentini #BCM16 #StraStorie


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venerdì 18 novembre 2016

Work in progress – 2

La seconda puntata delle StraStorie è stata pubblicata!
Il bandito:
http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-2-ne-santo-ne-pollastro.html
Il campione:
http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-2-il-giraghepardo.html

I primi spunti dei lettori sono stati preziosissimi e gli autori li hanno accolti e reinventati.
Potete darci i vostri nuovi suggerimenti su come proseguire sul web (qui e su www.facebook.com/strastorie) o di persona, tra poco, alle 18 al Laboratorio Formentini, in via Formentini 10, Milano.

E poi, con altre idee e altre parole, domani nel primo pomeriggio verrà pubblicata la terza parte delle storie del bandito del campione... To be continued!


StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
con Gino Cervi e Matteo Speroni
#StraStorie #BCM16
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IL CAMPIONE – 2. Il Giraghepardo

IL CAMPIONE – 2. Il Giraghepardo
di Gino Cervi

E dunque? Dove siamo rimasti? Ah, sì! Costante riconosce qualcuno tra la folla di Novi. Forse un parente, forse un amico. Chissà. Ma bisogna pedalare, mica pensare.
E tra poco arrivano le colline che poi diventano montagne. E fa freddo, sempre più freddo. Lasci l’umido della piana e trovi la neve su in cima.
Ma il Gira... gira. Oh, se gira. Girano le sue gambe come le pale di un mulino, come i vortici di un temporale, come le zampe di un... di un... ghepardo. Ghepardo. Sì, sì. Proprio un ghepardo. Guardalo bene, il Costante in sella, sembra proprio un ghepardo. Guarda le gambe che girano veloci, frenetiche, che quasi scompaiono alla vista, mulinello d’aria e niente più.
Guàrdagli la schiena, curva, compatta, una cosa sola con telaio e forcella. Le mani, basse e strette sul manubrio che pare abbiano le unghie per artigliare la strada.
E adesso che piove e le ruote alzano schizzi a ogni pozzanghera attraversata anche la maglia, bianca e celeste, quella della Bianchi, è tutta un disegno di macchie di fango, come una pelliccia maculata.
Giraghepardo! Giraghepardo, urca come gira! Come fila! Le salite sembrano inchinarsi al suo passaggio! Prego, signor Giraghepardo, passi di qui, che si fa prima. E un colle si abbassa, un passo si spiana, e il Giraghepardo non sente neppure il gelo della neve tutt’intorno, al valico. È un Giraghepardo delle nevi, un animale mezzo uomo mezzo ruota.

Ma all’improvviso scompare. Puf! Il Giraghepardo non c’è più. Inghiottito. Inghiottito nella montagna. Una galleria. Il Turchino. Un passo che ha il nome di un mago. Il mago Turchino. Già. Sembra davvero un posto magico. Di qui, nebbia, neve, freddo. Entri nel buco, pedali nel buio per un po’, in fondo c’è un lumino, che diventa a poco a poco un lume, poi una luce, poi una bocca spalancata che... puah! ti risputa fuori. Ed è un altro mondo? Sì, sì, dài speriamo che ci sia il sole, che il mago Turchino abbia fatto il solito incantesimo. Dài, dài!
Ma no, altro che sole! Il cielo è un nero turbinio di nuvole, la strada è un fiume di fango. E c’è pure la discesa.
«Gira, Gira, fermati, dài!» gli urlano dalla macchina al seguito, dall’Ammiraglia!
«Còpriti, scàldati, aspetta che dietro sta arrivando il tuo amico Tano, Tano Belloni. Aspetta Tano, aspettalo che ci andate insieme a Sanremo!»
«Ma che? Sono scemo? Aspettare Tano? Sì, così poi va a finire che vince lui, come l’anno scorso! Io non aspetto nessuno!»

E Gira, Giraghepardo continua a pedalare. Precipita su Voltri che sembra un avvoltoio, poi artiglia l’Aurelia come una preda. La mareggiata lo schiaffeggia, pioggia e mare si confondono. Ma il Gira gira che un piacere.
Ad Arenzano s’ingolla una focaccia. A Celle una baslotta di torta di riso. Ad Albisola mezza dozzina d’uova. Fora una volta. Ma riparte. Slittano le ruote sui capi, le strade sono delle fiumane all’incontrario. A Oneglia fora una seconda volta. Ma ha ormai un bel vantaggio sul Tano.
«Tano, Tano, stai pure lontano!»

Ad Arma di Taggia, dietro una curva, un baluginio, un raggio. Dài, dài, Costante, che quasi ce l’hai fatta. Il sole si è fatto largo sulla strada, come il Gira. Sul paracarro, tra un agave e un olivastro, lo guarda una lucertola. Ha la stessa faccia sbìrola di Santein. Sembra strizzare gli occhietti.
Il Gira ha capito. Ce l’ha fatta. Sanremo è lì. Ci siamo. Ecco il traguardo. Girardengo lo taglia come un fulmine che schiocca. Il Gira vince la sua prima Milansanremo. Non sarà l’unica. Ora può davvero dire di essere un campione.

E LA STORIA CONTINUA... ANCHE GRAZIE AI VOSTRI SUGGERIMENTI!

QUI IL LINK A "IL CAMPIONE – 1. L'INCIPIT": http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-1-lincipit.html

StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
Con Gino Cervi e Matteo Speroni

Sul web e al Laboratorio Formentini #BCM16 #StraStorie


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