domenica 20 novembre 2016

IL CAMPIONE – 5. Nessuno è distante

IL CAMPIONE – 5. Nessuno è distante
di Gino Cervi


Cosa avvenne in quel breve, fuggevole incontro?
Santino aveva una cosa da dire a Costante. Una di quelle cose che ci si porta dentro e che pesano come un fardello pesante. Santino si fidava del Gira. Un campione è un campione. Mettere nelle sue mani una confessione sarebbe stato come chiuderla in una cassaforte.
Ma il Gira aveva come una strana sensazione. Da un lato si sentiva lusingato. Il terribile bandito Pollastro chiedeva di lui, chiedeva di parlare con lui, come si chiedeva di essere ricevuti dal Papa.
Dall'altro aveva paura di mettersi nei guai. Quel sacramento di Cavanna lo aveva fatto andare fuori strada altre volte. E non voleva rischiare, il Campionissimo. Lui, di solito, così attento a non farsi mettere in mezzo, così scaltro in corsa, così furbo a ingannare gli avversari lui, e non a farsi ingannare.
C'era puzza di goeuba, d'inganno, di trappola...


Ma alla fine vinse la curiosità. I due si parlarono. Si sorrisero, si raccontarono di Novi, della loro Novi. A Santino mancava Novi, mancava il Borgo, quell'aria in fondo alla campagna, che già però fa sentire il mare, non lontano, ma neanche troppo vicino, che altrimenti mette troppa paura, di notte, soprattutto. Come quando ti sorprende un bandito dietro l'angolo di un vicolo.

Pollastro vuotò il sacco.
«Solo a te lo posso confessare, Gira. E se mi succede qualcosa, ti prego, vallo a dire tu ai carabinieri, alla polizia, al giudice. A chi vuoi tu. Ma vallo a dire. A te crederanno. Il mio amico Carrega, quello della rapina di Tortona, quello che sta scontando in carcere la pena per omicidio, non c'entra nulla. Non è stato lui a sparare, son stato io! Se mi succede qualcosa, ti prego, di’ a tutti che lui non c'entra niente. E che son stato io. E non lui...»


Furono poche parole, forse una foto, fatta di sfuggita da qualche fotografo curioso che aveva visto il Campionissimo, in accappatoio, parlare fitto fitto con qualcuno. Cavanna si accorse e smanacciò via il fotoreporter.
Una foto un po' mossa, col Gira che si volta con la faccia stupita e quell'altro che nasconde il volto all'ultimo istante. Una foto misteriosa, che molti dicono di aver visto, ma nessuno poi sa davvero dove. Una foto che per anni resta l'anello mancante.


Due anni dopo, il 10 agosto 1927, Sante Pollastro viene catturato dalla polizia francese che mette fine al suo breve, ma intenso periodo di latitanza. Il terribile bandito Sante Pollastro termina qui la sua carriera. Estradato, la giustizia italiana lo condannerà all'ergastolo. Il “nemico pubblico numero uno” sconterà la sua pena nel carcere duro all'isola di Santo Stefano. Solo la grazia del presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi, lo libererà dopo 32 anni, l'8 agosto 1959.

Costante Girardengo nel 1926 vincerà ancora la Milansanremo e poi ancora, per l'ultima volta, la sesta, nel 1928. Poi, quasi più nulla. La dittatura di Alfredo Binda è cominciata. Il Campionissimo non è più il più forte. Continuerà lo stesso a correre fino a 43 anni, nel 1936. Difficile smettere quando sei stato il Campionissimo. Un giorno, sarà stato il 1935, si dice che una volta, allenandosi su per le colline del Tortonese, Costante si vedesse affiancare da un ragazzino in bicicletta. Un ragazzino magro che spingeva un cancello più grande di lui. Aveva gambe infinite e un torace che sembrava un albatros. Il naso fendeva l'aria come una prua. Pedalarono in silenzio per un po'. Poi, alla rampa di Carezzano, il ragazzino diede uno strattone al manubrio e scattò. Due, tre pedalate e il Gira non ebbe neanche il tempo di vederlo sparire dietro la curva del macellaio. Costante scrollò la testa e si fermò alla fontana del paese. Appoggiò la bicicletta al muretto e riempì la borraccia. Poi chiese al vecchio che stava seduto e lo fissava. «Chi è quello là?»
Il vecchio alzò appena lo sguardo e rispose: «Fausto, Fausto di Castellania».

Girardengo la fece finita con la bici. In bici ci faceva salire gli altri e li faceva correre. Provò a scritturare per la Maino proprio quel diavolo di ragazzino che l'aveva staccato sulla salita di Carezzano. Ma prima di lui era arrivato Biagio Cavanna: e quasi vennero alle mani. Da quel momento non si parlarono più. Mise in piedi una propria squadra, la Girardengo, per tutti gli anni Cinquanta. Fino al 1959.

Nel 1959 Girardengo smette di essere un nome sulle maglie dei corridori professionisti. Nel 1959 Sante Pollastro smette i panni del carcerato. 

Una foto. Chissà se è mai esistita.
Dieci anni dopo. Fine anni Sessanta. Un distinto signore, con un bel cappotto cammello, non molto alto, coi capelli appena screziati di grigio, si vede riflesso nel grande specchio sopra gli scaffali coi liquori e con le grappe. Il barista si volta e sembra riconoscerlo. Come quella notte nelle strade deserte di Novi. L'uomo col Borsalino. Come quella volta lungo il ciglio ad aspettare la corsa.
«Costante.»
«Santino.»
«Sei tu?»
«Sapevo di trovarti qui. Ti ho portato questa.»
E appoggia sul bancone zincato una vecchia foto. Mossa, sfocata, quasi sbiadita sotto le luci al mercurio. Un volto che si stupisce. Un altro che si nasconde.
«Ma noi, siamo mai stati amici?»
«Non lo so. A veder questa foto si direbbe di sì. O forse di no. Io quasi mi vergogno, tu ti nascondi.»


Le vite sono strane. Si intrecciano come fili, si mischiano come acque di torrenti che si fanno fiumi. Ce ne sono di lunghe e infinite che ne contengono di brevi e luminose come il fulmine. Alcune passano in fretta, come quel ragazzino che scompare dietro la curva. Altre abbracciano gli anni e cambiano velocità: incalzano il tempo, lo ritmano, poi rallentano, si fermano.
Costante Girardengo, nome lungo e resistente come una corsa a tappe, come i trecento chilometri di una Milansanremo, era un campione che vinceva con la scaltrezza del bandito. Colpiva a sorpresa. Spariva nella corsa e poi riappariva, un Fantomas in sella. Sante avrebbe voluto essere il Gira. E il Gira, forse, qualche volta, il Sante.
Corsero spericolati sulla pista della vita. Curve da prendere a tutta, gomiti larghi per farsi strada, sprint come pistolettate. Come nell'americana, si diedero qualche volta la mano. Per lanciarsi più forte.
Sante.
Costante.
Nessuno dei due è distante. 


LA STRASTORIA DEL CAMPIONE FINISCE QUI. MA CHISSÀ CHE PRESTO NON NE COMINCI UN'ALTRA, E POI UN'ALTRA ANCORA... 

QUI I LINK A IL CAMPIONE:  
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-1-lincipit.html 
2. Il Giraghepardo: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-2-il-giraghepardo.html
3. Caduta al tabarin: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-3-caduta-al-tabarin.html
4. Il Gira a Parigi: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-4-il-gira-parigi.html



StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
con Gino Cervi e Matteo Speroni
Sul web (qui e su www.facebook.com/strastorie) e al Laboratorio Formentini
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L'immagine è tratta da “La Tribuna illustrata”, 16 febbraio 1930. La didascalia recita: “Un gendarme francese ha fermato Costante Girardengo il quale, compiendo un allenamento sulla Riviera Ligure, aveva oltrepassato la frontiera, perché la sua bicicletta non era provvista della targa imposta dal regolamento stradale in Francia”.
 

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