lunedì 19 novembre 2018

Le quattro puntate di "Non è tutto qui" di Francesco Gungui

StraStorie Audio Edition è terminato, ma resta "Non è tutto qui", la storia che Francesco Gungui ha scritto confrontandosi con i lettori e attingendo ai loro suggerimenti. In attesa di ascoltarlo integralmente su Audible, eccovi le quattro puntate del racconto.

QUI TROVATE L'INCIPIT http://www.strastorie.it/2018/10/lincipit-di-strastorie-audio-edition.html
QUI LA SECONDA PUNTATA: http://www.strastorie.it/2018/10/la-seconda-puntata-di-strastorie-audio.html
QUI LA TERZA PUNTATA: http://www.strastorie.it/2018/11/la-terza-puntata-di-strastorie-audio.html
QUI LA QUARTA PUNTATA: http://www.strastorie.it/2018/11/la-puntata-finale-del-racconto-di.html

Illustrazione di Guendalina Ravazzoni

 
Audible Academy presenta
▬ StraStorie Audio Edition ▬
Una storia tutta da ascoltare
Un racconto scritto con i lettori

Con Francesco Gungui
Conduce Oliviero Ponte Di Pino
Un format di narrazione condivisa di Valeria Ravera
Versione audio a cura di Oliviero Ponte Di Pino e Valeria Ravera
Illustrazioni di Guendalina Ravazzoni
In collaborazione con Fonderia Mercury
nell'ambito di BookCity Milano
Ospiti: Alessandro Beretta, Piero Colaprico, Carmen Covito

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venerdì 16 novembre 2018

La puntata finale del racconto di Francesco Gungui

Come finisce "Non è tutto qui", il racconto di Francesco Gungui per StraStorie Audio Edition? Eccovi la quarta e ultima puntata: buona lettura!

Non è tutto qui – Quarta puntata

Illustrazione di Guendalina Ravazzoni

Mentre camminiamo verso casa, osservo la città con lo sguardo un po’ spaesato e curioso del turista. Perché tutto è nuovo. Le vie, i palazzi, i negozi ma, sopra ogni cosa, le persone, che suscitano in me nuove percezioni. Non è energia, non è qualcosa che si vede o che, propriamente, si sente, ma c’è. Sono lucida come non mi capitava più da molto tempo, così come all’improvviso mi sembra assurdo di essermi rivolta a una medium. Eppure, è lì che è venuto a galla il mio passato.
 Nella mia mente, il ricordo del bosco, i cui contorni sfumati sono ormai diventati nitidi e hanno il suono delle conversazioni con mia nonna.
Le hai dato un nome?
Io la chiamo pioggerellina di luce.
L’avevo chiamata così perché aveva più o meno questo aspetto, una pioggia finissima e luminosa, oppure, altre volte, dei lunghi filamenti dorati. Quella notte, l’avevo vista e seguita nel bosco, per questo mi ero persa, ma la nonna sapeva dove cercarmi. Poi, dopo il trasferimento in Italia e la separazione da mia nonna, avrei dimenticato ogni cosa, ma quelle percezioni sottili avrebbero continuato a scuotermi silenziosamente, come un sisma sotterraneo ininterrotto, raccontandomi per tutti gli anni dell’adolescenza e anche dopo la stessa storia: non è tutto qui. Erano le amicizie incomplete, le storie d’amore troppo dolorose, la curiosità verso il mondo e il desiderio di fuggire, tutti i conflitti interiori che per anni avrei accolto come un destino inevitabile di una personalità irrisolta, la mia, chissà perché, affrontandoli con gli strumenti della razionalità.
“Le hai dato un nome?” chiedo a Nicolò.
Mi guarda, fa una buffa faccia stupita, poi scuote la testa.
“E cosa fai quando la vedi?”
“Niente. La guardo e basta. A volte la seguo.”
“Non seguirla se sei da solo, però.”
“Perché no?”
“Tu non farlo e basta.”
Mi sembra di rivivere la mia infanzia, scoperte e sensazioni che ho dimenticato ma che riaffiorano ora, attraverso mio figlio. Da bambina, mi capitava di trascorrere intere giornate ad attendere quel momento in cui all’improvviso tutto era chiaro e mi sentivo forte, sicura. Ero un fuoco acceso e forse già a quel tempo, nonostante la mia giovane età, qualcuno si era accorto che ci si poteva scaldare su di me. Le compagne dei primi anni di scuola che mi raccontavano delle loro famiglie divise e addolorate e io che le consolavo, mi veniva naturale.
Qualche anno più tardi, durante l’ultima estate trascorsa con mia nonna, le mie domande.
Ma che cos’è?
Ci sono persone che sentono in maniera diversa, che vedono oltre la realtà e percepiscono l’invisibile. E una volta che senti l’invisibile gli altri se ne accorgono, anche se non lo capiscono. E ti verranno a cercare per godere dei benefici del tuo dono.
“Io lo so quando gli altri stanno male” dice Nicolò a un tratto. “Loro non lo capiscono.”
“Cos’è che non capiscono?”
“Che posso aiutarli.”
“E come li aiuti?”
“Non lo so.”
Nelle sue parole, avverto quella consapevolezza ancora acerba di cui ha parlato la medium, quel suo riferimento alle precedenti incarnazioni di Nicolò, un tema, una possibilità che, seppure non mi sento di escludere, mi lascia quanto meno perplessa.
Ogni secondo che passa lascia riaffiorare nuovi ricordi, tutti i momenti in cui non ho creduto in me stessa, in cui ho rifiutato le mie intuizioni, pur così profonde. Perché dentro di me c’era una voce che mi suggeriva cosa dovevo fare, che mi raccontava le storie delle persone che incontravo. Ma la mia conclusione era sempre la stessa: sono solo sensazioni, io non so nulla e non posso sapere nulla.
Nel frattempo siamo arrivati di fronte al portone di casa. È già buio. Sopra di noi, un cielo rischiarato dalla luna appena sorta. Non appena entriamo in casa, Fabio ci corre incontro, abbraccia Nicolò, inginocchiandosi di fronte a lui. Poi mi guarda, scioglie l’abbraccio.
“Nicolò, vai in camera, per favore” gli dice e lui obbedisce.
Rimaniamo soli.
“Dove siete stati?” mi chiede cercando evidentemente di dominare la rabbia.
“Al parco.”
“Lo sai che ore sono? Lo sai che ti ho cercato cento volte? Stavo per chiamare la polizia.”
Guardo l’ora sul cellulare che è offline.
“Mi dispiace, scusa.”
“No, non ti scuso. Non ce la faccio più. Tu non puoi…”
Non finisce la frase. Si siede al tavolo della cucina, la testa tra le mani.
“Mi dispiace, Fabio, avrei dovuto avvertirti.”
“Certo che avresti dovuto! Valeria, così non possiamo andare avanti, tu…”
“Sono stata da una medium” ammetto.
“Come?”
“Sono stata da una medium.”
“Dimmi che stai scherzando.”
Scuoto la testa.
“Sei stata da una medium con… Nicolò?”
“No, da sola. Lui sono andata a prenderlo dopo, a scuola.”
“E perché?”
“Avevo bisogno di sapere delle cose e…”
“No, Valeria, no. Prima lo psicologo, poi la pranoterapia, il reiki, poi quella specie di coach, o quello che è, e tutti quei cazzo di libri che ti sei portata a casa. Ma questo è troppo, te ne rendi conto?”
Non rispondo. Non posso. E vorrei dirglielo. Vorrei dirgli che ora, sopra di lui, è calata una pioggerellina luminosa, ma non posso. È la prima volta che mi capita, da adulta.
“Io… io non lo so cosa stai cercando, non lo so cosa ti fa tanto schifo di questa vita che abbiamo. Ma ho il dovere di proteggere nostro figlio, almeno lui. Nicolò è un bambino felice, è sensibile? Sì, lo è, è vero, non l’ho mai negato, ma perché vuoi vederci a tutti i costi qualcosa in più? Non è l’unico bambino sensibile di questo mondo, no?”
Il suo tono è cambiato, non è più arrabbiato ora, sembra quasi voler capire. Ed è in questo momento che accade, la chiarezza arriva tutta in una volta, come una scia luminosa che mi guida fino a lui. Gli prendo le mani, lo tiro a me e lui si alza, lo abbraccio, ci abbracciamo.
“Cosa significa questo?” mi chiede.
“È il mio modo per chiederti scusa.”
Scuote la testa, si libera dal mio abbraccio. “Non ti capisco, Valeria, ti prego, dimmi cosa sta succedendo.”
E così gli racconto tutto, senza avere la certezza razionale che sia la cosa giusta da fare, gli racconto la notte nel bosco, mia nonna, la pioggerellina di luce, la sensazione infantile di poter percepire, sia pure in modo astratto, emotivo, quello che stava per accadere, quei momenti in cui sentivo in me un’improvvisa chiarezza. Una chiarezza però alla quale solo in alcuni casi, e in modo tutt’al più casuale, avrei dato ascolto.
 “Mi vuoi dire che sei anche tu una specie di… medium?” mi chiede Fabio col tono di chi desidera sentirsi rispondere con un secco diniego.
“No. Non voglio dirti questo. Non c’è nulla di strano o… magico, in me. Voglio dirti che, se sono arrivata a rivolgermi a una medium, è proprio per questo. Perché, anche se ho vissuto la mia vita cercando di agire sempre in maniera razionale, dentro di me avvertivo sempre una mancanza, qualcosa che non tornava. E non capivo se era giusto cercare, continuare a cercare, qualcosa che nemmeno sapevo cosa fosse.”
Fabio corruga la fronte, lo sguardo sospettoso che esprime la sua indecisione sul come porsi, ora, nei miei confronti. E io ripenso a Marco, alla mia relazione segreta, mi chiedo se in lui, nei nostri incontri clandestini, ci sia mai stato un filamento dorato, una goccia di luce.

Ciò che conforta questa visione del futuro deriva inoltre da un’altra fondamentale circostanza della quale la donna è consapevole e che la spingerà, in tempi brevi, a interrompere una relazione che pure in questi mesi è stata molto significativa.

Le parole della medium risuonano di nuovo nella mia mente, ma questa volta è diverso. Percepisco nitidamente una stonatura, anche se non so spiegarla. Mi chiedo se quella donna, quello spirito col quale lei dice di comunicare, abbia colto davvero qualcosa di me, del mio passato, del mio futuro. In fondo, fino a oggi, non avevo mai osato tanto, guidata da una razionalità e da un approccio pratico che riconosco anche adesso come segni distintivi del mio carattere. In fondo, anche una vita di mezze verità lascia qualche segno e non posso dimenticare chi sono ora, e come sono diventata quella che sono.
“Andiamo fuori a cena?” chiedo a Fabio. “Ho bisogno di qualcosa di normale.”
Sorrido, gli do una carezza sulla guancia, come se fosse un bambino. Lui scuote un po’ la testa, ma poi annuisce, e sospira.
“Sono io qualcosa di normale?” mi chiede con tono rassegnato.
“Sì, è per questo che ti ho scelto, no? L’ho sempre saputo. Mi dispiace, Fabio, per tutto, ma da adesso in poi andrà tutto bene.”
Sorride. “Questa non me l’avevi mai detta.”
“Perché prima non lo pensavo.”
“Nemmeno io.”
“E ora lo pensi?”
“Andiamo a cena o no?”
In quel momento Nicolò compare sulla porta, ha già la giacca addosso. Ci scambiamo uno sguardo di intesa mentre una fitta pioggerellina di luce scende su di noi, sulla nostra casa, su questi sentimenti complessi e sulle sensazioni impalpabili. Così la conclusione arriva per me prima di ogni previsione, perché se non è tutto qui, vuol dire anche che qui c’è moltissimo, una vita infinita fatta di elementi concreti, materiali, una vita capace appunto di generare l’illusione che sia tutto qui. E il giorno in cui decidi di guardare oltre può arrivare in qualsiasi momento. Nel frattempo, devi coltivare e proteggere quel tutto incompleto in cui vivi. O trovare un uomo prezioso che lo faccia per te.
“Sta cominciando a piovere” dice Fabio quando varchiamo la soglia del portone.
Io e Nicolò ci scambiamo uno sguardo di intesa e sorridiamo.
“Che c’è?” chiede Fabio.
Lo prendiamo per mano, io da una parte, Nicolò dall’altra.
“Finalmente piove.”


FINE

Termina così il racconto di Francesco Gungui, che presto potrete trovare in versione audiolibro su Audible insieme alle registrazioni degli incontri sulla scrittura, organizzati con la collaborazione di Fonderia Mercury, all'interno di StraStorie Audio Edition con Francesco Gungui, Oliviero Ponte Di Pino, Valeria Ravera, Alessandro Beretta, Piero Colaprico e Carmen Covito.

 Audible Academy presenta
▬ StraStorie Audio Edition ▬
Una storia tutta da ascoltare
Un racconto scritto con i lettori

Con Francesco Gungui
Conduce Oliviero Ponte Di Pino
Un format di narrazione condivisa di Valeria Ravera
Versione audio a cura di Oliviero Ponte Di Pino e Valeria Ravera
Illustrazioni di Guendalina Ravazzoni
In collaborazione con Fonderia Mercury
nell'ambito di BookCity Milano
Ospiti: Alessandro Beretta, Piero Colaprico, Carmen Covito

#StraStorie #AudibleAcademy #Audible #FonderiaMercury #BCM18 #FrancescoGungui #olivieropdpnews #GuendalinaRavazzoni #scritturapartecipata #scrivere #scriviconnoi

QUI TROVATE L'INCIPIT https://www.facebook.com/strastorie/posts/2030686083628645:0
QUI LA SECONDA PUNTATA: https://www.facebook.com/strastorie/posts/2049874575043129
QUI LA TERZA PUNTATA: https://www.facebook.com/strastorie/posts/2061100467253873
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mercoledì 14 novembre 2018

"Aspettando Godot" a StraStorie

Nel terzo incontro di StraStorie Audio Edition abbiamo parlato della funzione e dell'importanza dei dialoghi all'interno di una storia, facendo alcuni esempi non solo di narrativa, ma anche di letteratura teatrale. La scelta è caduta su "Aspettando Godot" di Samuel Beckett. 

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