venerdì 18 novembre 2016

IL BANDITO – 2. Né santo né pollastro

IL BANDITO – 2. Né santo né pollastro
di Matteo Speroni


Il 20 gennaio del 1922 è invece un giorno da dimenticare. Come quelle tre ombre sghignazzanti sul marciapiede di fronte al bar Centrale di Novi. Ombre nere, come i loro sguardi, che dietro la risata celano la boria di chi si sente potente. Nere come i loro scarponi. Nere come le loro camicie.
Alcune squadracce già spadroneggiavano nelle strade, anche se l’ingresso ufficiale, e per nulla festoso, dei fascisti a Novi Ligure avverrà il 2 agosto, sempre del 1922, alle 4 del mattino, quando espugneranno con le armi la Camera del lavoro, la Cooperativa proletaria. Quella del 2 agosto sarà una notte incandescente per Novi.
La sera del 20 gennaio, al contrario, fa molto freddo. La bruma confonde le sagome, gli occhi si assottigliano. Ma la voce taglia l’aria e arriva nitida alle orecchie di Sante.
«Ehi tu, cosa c’hai da guardare?».
Sante abbozza, forse è sempre colpa di quell’occhio sinistro, che è sfuggito nel posto sbagliato.
«Dico a te, sarai mica un comunista?».
Sante pensa: «Comunista. Non lo so se sono comunista, però quelle vostre facce lì mi fanno schifo». Ma lo pensa e basta.
Poi sbotta, con un sussulto di orgoglio:
«Io sono Sante, Sante Pollastro», e sputa in terra una caramella. La caramella rimbalza, rotola fino ai piedi di una delle tre ombre.
«Pollastro! Sei proprio un pollastro – mi hai sporcato lo scarpone – adesso vieni qui, raccogli ’sta caramella e te la rimetti in bocca».
Sante li guarda, uno per uno, e sale sulla bici.
Lo schiaffone parte come una molla, Sante si ritrova a terra. A un primo colpo ne seguono altri. Due, tre, dieci. Pugni e calci, la faccia di Sante si gonfia mentre lui sente voci che paiono ululati. Gli resta in mente solo una parola, che uno dei tre ripete storpiandola con disprezzo: «Pollastro. Pollastro».
I tre picchiatori non lo sanno, ma il loro pollastro, a ventidue anni, oltre a diverse condanne per furto – la prima all’età di undici anni – era stato marchiato dalla legge anche per diserzione. Quindici anni, mai scontati perché considerato “demente”, dopo un passaggio al manicomio di Collegno. Lui il soldato non lo voleva fare e quando aveva ricevuto la chiamata si era reso irreperibile. Non del tutto però. Anzi. Perché (e chissà perché) era salito su un convoglio di militari diretto a Reggio Emilia. Lì era sceso dal treno, si era spogliato e aveva attraversato la piazza della stazione completamente nudo. “Demente”, avevano sentenziato le autorità, nonostante Sante si fosse sempre dichiarato lucido e consapevole.
Adesso proprio lucido non è. Rannicchiato in terra, le ossa scricchiolanti di dolore, il volto sfigurato dalle mazzate, il sangue che gli impasta le labbra. Non cerca aiuto. Si rialza da solo, una mano sulla bocca, il palmo dell’altra sul muro. In silenzio, zoppica verso casa. Che vergogna farsi vedere così dai compaesani, dagli amici, dalla sorella Carmelina, da Maria.
«Fascisti, bastardi fascisti e bastarde tutte le guardie.» Medita già una vendetta lunga una vita, scia di crimini e assassinii di guardie. Certo non una vita da Santo – come Sante risulta all’anagrafe. Ma neanche da pollastro.


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QUI IL LINK ALL'INCIPIT DEL BANDITO: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-1-lincipit.html

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