domenica 20 novembre 2016

IL BANDITO – 4. I lupi a Milano

IL BANDITO – 4. I lupi a Milano
di Matteo Speroni


«Un bel cappello», pensa Sebastiano, affacciato all’unica finestra dalla quale filtra una luce fioca nella notte di Novi, mentre segue con gli occhi la figura che passa veloce in strada. Non sa che quell’uomo è Sante Pollastro. «Quanta fretta. Ma chissà cosa c’ha da fare questo qui, che non c’è in giro neanche un gatto», riflette Sebastiano. «Buona notte», sussurra allo sconosciuto, ma è più un augurio a se stesso. Va in cucina, beve un bicchiere d’acqua e si rimette a letto. Fa fatica a prendere sonno, perché lì a Novi non ci voleva andare. Il primo servizio lo ha prestato nel 1901 in un paese della provincia di Varese, a Gallarate. Già da allora, il brigadiere Sebastiano Pulvirenti sognava di essere trasferito a Milano, la grande città. «Là sì che la squadra mobile lavora, e lavora bene». Niente. A 42 anni si trova ancora in mezzo alle campagne. Non sa che la sbiadita Novi – come la vede lui – quattro anni dopo scaglierà una scheggia fino a Milano, e che la scheggia è proprio quell’uomo con il cappello. Ora però il vagabondo solitario per le strade di Novi gli ha fatto uno strano effetto: nella notte anestetizzata della cittadina piemontese almeno una cosa è accaduta, qualcuno cammina per strada. Come se avesse consegnato a Sante il testimone dell’insonnia, Sebastiano si addormenta.
La sveglia trilla a Milano, il 17 novembre del 1926. Il brigadiere Pulvirenti è vestito da operaio, come i suoi due colleghi. Sono in un’osteria, l’osteria Colombo, in via General Govone, periferia nebbiosa. Da Gallarate, a Novi, a Milano, sembra che la nebbia insegua Sebastiano. Ma finalmente gli è stata affidata un’operazione come si deve, con tanto di travestimento e personaggio. Perché per fare lo sbirro “sotto copertura” non bastano il coraggio, il senso del dovere, la preparazione. Bisogna anche sapere recitare. «Un mestiere completo», confida Sebastiano al maresciallo La Corte, anch’egli addobbato da operaio. Non lo dice per piaggeria, Sebastiano è entrato davvero nella parte. Peccato che ai tre poliziotti sia sfuggito un dettaglio. Le scarpe un po’ troppo pulite per essere operai. Il maresciallo si piazza nel retro del locale e gioca a carte con il brigadiere Montanari. Pulvirenti legge il giornale vicino al bancone. Un appostamento studiato in caserma, una trappola nella quale devono infilare la zampa i due lupi, i due pericolosi ricercati. Sebastiano non lo sa, ma uno di questi è un uomo che aveva già visto, la figura frettolosa con il cappello, una notte di quattro anni prima, a Novi. Adesso però Sante non porta il Borsalino, ma la calibro 6 sì. La stessa che aveva riposto in tasca poco prima di passare sotto la finestra di Sebastiano, sempre a Novi, sempre durante quella lunga notte.
La moglie dell’oste, con un segnale, avvisa che i banditi sono entrati nell’osteria, ma i lupi fiutano l’agguato: scarpe troppo linde, per essere operai. Più veloci delle guardie, fanno fuoco. Montanari cade in una botola del locale e si salva. La Corte viene colpito a morte, Pulvirenti cerca di bloccare i banditi, ma un proiettile lo centra in testa e lo uccide all’istante. Pollastro e il compare riescono a scappare. Fuori dall’osteria si separano. Sante per alcuni giorni rimbalza da un paese all’altro. Medita la fuga in Francia. Raggiunge Ventimiglia. Mostra documenti falsi al portiere di un albergo e sale le scale fino alla sua stanza. È stanco, è braccato, e ha ucciso ancora. Deve riposare. Si siede sul letto, si sdraia, si risiede. Non riesce a prendere sonno. Si affaccia alla finestra e osserva la notte intorpidita della cittadina ligure. Nessuno in giro. Si sente anche la febbre, Sante, e la vista comincia a fargli strani scherzi. Il comodino pare gonfiarsi e sgonfiarsi, pulsare. La Madonna nel quadretto di fronte a lui si trasforma, prima nella sorella Carmelina, poi in Maria, poi nella madre. Sarà la stanchezza, sarà la febbre, sarà quell’occhio sinistro che sfugge. «Sarà che ho ucciso ancora». È dicembre, ma Sante suda. Apre la finestra, si affaccia. Nessuno. No, qualcuno c’è. In strada appare una figura che cammina rapida. Un uomo con un cappello, un Borsalino. Ma è subito svanita.


LA STORIA STA PER FINIRE... MA C'È ANCORA TEMPO SINO ALLE 18 PER I VOSTRI SUGGERIMENTI!

QUI IL LINK A IL BANDITO:
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-1-lincipit.html
2. Né santo né pollastro: http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-2-ne-santo-ne-pollastro.html
3. Un diòvu nella notte:
http://www.strastorie.it/2016/11/il-bandito-3-un-diovu-nella-notte.html

StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
Con Gino Cervi e Matteo Speroni
Sul web (qui e su www.facebook.com/strastorie) e al Laboratorio Formentini

  
#StraStorie #BCM16 


Documento falso di Sante Pollastro, da "Le confessioni di Pollastro" di Luigi Brignoli.

Antica pubblicità della fabbrica di cappelli Borsalino



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