IL CAMPIONE – 5. Nessuno è distante
di Gino Cervi
Cosa avvenne in quel breve, fuggevole incontro?
Santino aveva una cosa da dire a Costante. Una di quelle cose che ci si
porta dentro e che pesano come un fardello pesante. Santino si fidava
del Gira. Un campione è un campione. Mettere nelle sue mani una
confessione sarebbe stato come chiuderla in una cassaforte.
Ma il
Gira aveva come una strana sensazione. Da un lato si sentiva lusingato.
Il terribile bandito Pollastro chiedeva di lui, chiedeva di parlare con
lui, come si chiedeva di essere ricevuti dal Papa.
Dall'altro aveva
paura di mettersi nei guai. Quel sacramento di Cavanna lo aveva fatto
andare fuori strada altre volte. E non voleva rischiare, il
Campionissimo. Lui, di solito, così attento a non farsi mettere in
mezzo, così scaltro in corsa, così furbo a ingannare gli avversari lui, e
non a farsi ingannare.
C'era puzza di goeuba, d'inganno, di trappola...
Ma alla fine vinse la curiosità. I due si parlarono. Si sorrisero, si
raccontarono di Novi, della loro Novi. A Santino mancava Novi, mancava
il Borgo, quell'aria in fondo alla campagna, che già però fa sentire il
mare, non lontano, ma neanche troppo vicino, che altrimenti mette troppa
paura, di notte, soprattutto. Come quando ti sorprende un bandito
dietro l'angolo di un vicolo.
Pollastro vuotò il sacco.
«Solo a te lo posso confessare, Gira. E se mi succede qualcosa, ti
prego, vallo a dire tu ai carabinieri, alla polizia, al giudice. A chi
vuoi tu. Ma vallo a dire. A te crederanno. Il mio amico Carrega, quello
della rapina di Tortona, quello che sta scontando in carcere la pena per
omicidio, non c'entra nulla. Non è stato lui a sparare, son stato io!
Se mi succede qualcosa, ti prego, di’ a tutti che lui non c'entra
niente. E che son stato io. E non lui...»
Furono poche parole,
forse una foto, fatta di sfuggita da qualche fotografo curioso che aveva
visto il Campionissimo, in accappatoio, parlare fitto fitto con
qualcuno. Cavanna si accorse e smanacciò via il fotoreporter.
Una
foto un po' mossa, col Gira che si volta con la faccia stupita e
quell'altro che nasconde il volto all'ultimo istante. Una foto
misteriosa, che molti dicono di aver visto, ma nessuno poi sa davvero
dove. Una foto che per anni resta l'anello mancante.
Due anni
dopo, il 10 agosto 1927, Sante Pollastro viene catturato dalla polizia
francese che mette fine al suo breve, ma intenso periodo di latitanza.
Il terribile bandito Sante Pollastro termina qui la sua carriera.
Estradato, la giustizia italiana lo condannerà all'ergastolo. Il “nemico
pubblico numero uno” sconterà la sua pena nel carcere duro all'isola di
Santo Stefano. Solo la grazia del presidente della Repubblica, Giovanni
Gronchi, lo libererà dopo 32 anni, l'8 agosto 1959.
Costante
Girardengo nel 1926 vincerà ancora la Milansanremo e poi ancora, per
l'ultima volta, la sesta, nel 1928. Poi, quasi più nulla. La dittatura
di Alfredo Binda è cominciata. Il Campionissimo non è più il più forte.
Continuerà lo stesso a correre fino a 43 anni, nel 1936. Difficile
smettere quando sei stato il Campionissimo. Un giorno, sarà stato il
1935, si dice che una volta, allenandosi su per le colline del
Tortonese, Costante si vedesse affiancare da un ragazzino in bicicletta.
Un ragazzino magro che spingeva un cancello più grande di lui. Aveva
gambe infinite e un torace che sembrava un albatros. Il naso fendeva
l'aria come una prua. Pedalarono in silenzio per un po'. Poi, alla rampa
di Carezzano, il ragazzino diede uno strattone al manubrio e scattò.
Due, tre pedalate e il Gira non ebbe neanche il tempo di vederlo sparire
dietro la curva del macellaio. Costante scrollò la testa e si fermò
alla fontana del paese. Appoggiò la bicicletta al muretto e riempì la
borraccia. Poi chiese al vecchio che stava seduto e lo fissava. «Chi è
quello là?»
Il vecchio alzò appena lo sguardo e rispose: «Fausto, Fausto di Castellania».
Girardengo la fece finita con la bici. In bici ci faceva salire gli
altri e li faceva correre. Provò a scritturare per la Maino proprio quel
diavolo di ragazzino che l'aveva staccato sulla salita di Carezzano. Ma
prima di lui era arrivato Biagio Cavanna: e quasi vennero alle mani. Da
quel momento non si parlarono più. Mise in piedi una propria squadra,
la Girardengo, per tutti gli anni Cinquanta. Fino al 1959.
Nel
1959 Girardengo smette di essere un nome sulle maglie dei corridori
professionisti. Nel 1959 Sante Pollastro smette i panni del carcerato.
Una foto. Chissà se è mai esistita.
Dieci anni dopo. Fine anni Sessanta. Un distinto signore, con un bel
cappotto cammello, non molto alto, coi capelli appena screziati di
grigio, si vede riflesso nel grande specchio sopra gli scaffali coi
liquori e con le grappe. Il barista si volta e sembra riconoscerlo. Come
quella notte nelle strade deserte di Novi. L'uomo col Borsalino. Come
quella volta lungo il ciglio ad aspettare la corsa.
«Costante.»
«Santino.»
«Sei tu?»
«Sapevo di trovarti qui. Ti ho portato questa.»
E appoggia sul bancone zincato una vecchia foto. Mossa, sfocata, quasi
sbiadita sotto le luci al mercurio. Un volto che si stupisce. Un altro
che si nasconde.
«Ma noi, siamo mai stati amici?»
«Non lo so. A veder questa foto si direbbe di sì. O forse di no. Io quasi mi vergogno, tu ti nascondi.»
Le vite sono strane. Si intrecciano come fili, si mischiano come acque
di torrenti che si fanno fiumi. Ce ne sono di lunghe e infinite che ne
contengono di brevi e luminose come il fulmine. Alcune passano in
fretta, come quel ragazzino che scompare dietro la curva. Altre
abbracciano gli anni e cambiano velocità: incalzano il tempo, lo
ritmano, poi rallentano, si fermano.
Costante Girardengo, nome
lungo e resistente come una corsa a tappe, come i trecento chilometri di
una Milansanremo, era un campione che vinceva con la scaltrezza del
bandito. Colpiva a sorpresa. Spariva nella corsa e poi riappariva, un
Fantomas in sella. Sante avrebbe voluto essere il Gira. E il Gira,
forse, qualche volta, il Sante.
Corsero spericolati sulla pista
della vita. Curve da prendere a tutta, gomiti larghi per farsi strada,
sprint come pistolettate. Come nell'americana, si diedero qualche volta
la mano. Per lanciarsi più forte.
Sante.
Costante.
Nessuno dei due è distante.
LA STRASTORIA DEL CAMPIONE FINISCE QUI. MA CHISSÀ CHE PRESTO NON NE COMINCI UN'ALTRA, E POI UN'ALTRA ANCORA...
QUI I LINK A IL CAMPIONE:
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-1-lincipit.html
2. Il Giraghepardo: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-2-il-giraghepardo.html
3. Caduta al tabarin: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-3-caduta-al-tabarin.html
4. Il Gira a Parigi: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-4-il-gira-parigi.html
StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
con Gino Cervi e Matteo Speroni
Sul web (qui e su www.facebook.com/strastorie) e al Laboratorio Formentini #BCM16 #StraStorie
L'immagine
è tratta da “La Tribuna illustrata”, 16 febbraio 1930. La didascalia
recita: “Un gendarme francese ha fermato Costante Girardengo il quale,
compiendo un allenamento sulla Riviera Ligure, aveva oltrepassato la
frontiera, perché la sua bicicletta non era provvista della targa
imposta dal regolamento stradale in Francia”.