domenica 20 novembre 2016

IL CAMPIONE – 4. Il Gira a Parigi

IL CAMPIONE – 4. Il Gira a Parigi
di Gino Cervi


Vel d'Hiv! Vel d'Hiv! Che bel nome, sembra un soffio: Vel d'Hiv. Uno sbuffo, il fruscio di un palmer sul parquet. Già perché qui la pista è un parquet di listelli tirato a lucido come una balera.
Vel d'Hiv. Vélodrome d'Hiver. Parigi, XVe arrondissement, tra boulevard de Grenelle e rue Nelaton. La Tour Eiffel non è distante. In questi giorni, è la sera del 24 settembre 1925, se alzi gli occhi e guardi in su ci vedresti passare un dirigibile. Sembra un grande squalo grigio ormeggiato alla punta della Torre.
La sera del 24 settembre 1925 è una gran sera. Una gran sera per il ciclismo internazionale. Al Vel d'Hiv, il più grande, il più importante velodromo di Parigi, si sfidano tre campioni francesi, i fratelli Pellissier – Henri, Francis e Charles – e tre campioni italiani: Ottavio Bottecchia, che poche settimane prima ha vinto il suo secondo Tour de France; Alfredo Binda, giovane astro nascente del ciclismo italiano; e Girardengo, il Campionissimo. I francesi hanno sete di rivincita. Da due anni gli italiani, e quel mulo friulano di Bottecchia in particolare, vengono a spadroneggiare sulle strade d'Oltralpe. E si meritano una bella lezione. Dove? Ma nel salotto buono del ciclismo parigino. Il Vel d'Hiv!


Che magia, la pista del Vel d'Hiv. E tutto quello che gli sta intorno. Una grande cattedrale di ferro e cemento. Un'enorme vetrata lo ricopre ma lascia passare la luce di giorno, ed è illuminata da grandi lampade al mercurio la sera. La pista è un biliardo ovale di listelli di pino. Le due curve si innalzano come due muri, paurosi a vederli. Paurosi ancor di più se ci devi pedalare sopra. E forte, altrimenti scivoli a terra come una saponetta. In mezzo alla pista, una grande pelouse, che durante le riunioni sembra un accampamento indiano. Decine e decine di box la ritagliano. Dentro i corridori, i pistard, con i loro suiveur e i loro masseur. Intorno le tribune, in mattoni e cemento, arrivano a ospitare diciassettemila spettatori.
Ci sono tutti quella sera. Le luci sono forti sulla pista e sembrano lucidarla ancora di più. Le tribune sono un muro buio di folla, indistinta eppure brulicante di facce, mani, cappelli, sigarette, cappotti, redingote, giarrettiere. E gridi e sospiri. Il mondo che si mischia: l'avvocato con l'imbianchino, l'anarchico e il panettiere, l'infermiera e il cirrotico.


Il Gira è lì che aspetta. Sono passati tanti anni, e il Campionissimo è sempre lui. Anche se adesso, quel ragazzino lì, l'Alfredo, che ha fatto il muratore in Francia e in Francia ha cominciato a pedalare e a vincere, il Binda, dicono tutti che presto sarà lui il nuovo asso pigliatutto.
Il Gira dentro al box socchiude gli occhietti da faina. Biagio Cavanna affonda le manone nelle cosce e nei polpacci. Si spande la puzza dell'olio canforato, che pizzica il naso.
“Biagio, ma cosa ne dici del Binda?”
“Che l'è forte! Ma adesso non ci devi pensare! Che oggi non ci corri mica contro.”
“Sì, ma secondo te, è più forte di me?”
“Ma va là, pistola! Tu sei il Campionissimo. Non devi avere paura di nessuno, te...”
“Sì, ma quello lì c'ha dieci anni meno di me...”
“E tu dieci anni di esperienza in più!”
Chiude gli occhi il Gira e si lascia massaggiare dalle mani del Biagio che impastano quadricipiti e polpacci come se fossero farina e uova e acqua. Per tirare poi la sfoglia, sottile, sottile, per i tajarin. Gialli. Gialli come quelle lampade che illuminano la sala...


Il Gira si addormenta. I pensieri si danno il cambio con i sogni. Sogna Ettorino, che adesso ha sei anni. “Un bel fiulin! Ma che strano che c'ha la faccia sbirola di qualcuno che ricordo appena. E l'occhio strabico. Ma è Ettore o Santino? Ma no, Santino, sono anni che non lo vedo più. Chissà che fine ha fatto adesso che lo cercano dappertutto. Dicono che sia proprio qui, in Francia. Che anche a Parigi abbia messo su una banda di balordi che va in giro a far rapine e a sparare... Certo che a Novi continuano a parlare di lui, del bandito. Del banditissimo. Quasi quasi sembra che sia più famoso di me. E che abbia fatto fuori più guardie e carabinieri lui, più di tutte le corse che ho vinto io. Guarda te che la vita è bella strana! Io volevo diventare campione, anzi campionissimo. E adesso che ce l'ho fatta, son qui che invidio il Pollastro perché a Novi si ricordano più di lui che di me. Chissà poi tra poco, quando tutte le corse le vincerà, quello lì, il Binda!”

Tra il sonno e la veglia, il Gira sente un fischio.
“No, impossibile. Mi sarò sbagliato. Qui c'è un gran frastuono...”
Eppure è proprio un fischio. E non un fischio qualsiasi. L'è proprio il cìfulo, il fischio che fanno quelli di Novi per riconoscersi...
Il Gira apre gli occhi e davanti, di fianco al Cavanna, si ritrova lui, proprio lui. Il bandito. Il Sante Pollastro.
“Osti, la goeuba! Adesso mi fregano...” 


LA STORIA STA PER FINIRE... MA C'È ANCORA TEMPO SINO ALLE 18 PER I VOSTRI SUGGERIMENTI!

QUI I LINK A IL CAMPIONE:  
1. L'incipit: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-1-lincipit.html 
2. Il Giraghepardo: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-2-il-giraghepardo.html
3. Caduta al tabarin: http://www.strastorie.it/2016/11/il-campione-3-caduta-al-tabarin.html
 


StraStorie per BookCity Milano
Un progetto di Valeria Ravera
Con Gino Cervi e Matteo Speroni
Sul web (qui e su www.facebook.com/strastorie) e al Laboratorio Formentini

#BCM16 #StraStorie

Vélodrome d'Hiver, Parigi

Costante Girardengo (al centro) al Vélodrome d'Hiver, Parigi, 1919.

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