giovedì 5 ottobre 2023

Il capitolo di Paola Varalli di StraStorie Metropolis Edition

Capitolo 14. Il frate dell’olio
 

Il viaggio dell'eroe, illustrazione di GAL e basta


Lunedì, tardo pomeriggio

La tormenta

 

Forse, se Noè, quello dell'Arca, fosse ancora vivo, notando il colore del cielo su Milano in questo lunedì sera, non penserebbe alla cupola di smog che attanaglia la città, non alle luci del tramonto, ma cercherebbe di ricordare dove ha parcheggiato la sua grossa imbarcazione per mettersi in salvo. Perché il cielo sta assumendo il colore del Giudizio, e il vento soffia le sue sentenze sferzando i malcapitati ancora in giro, ed è evidente che non si tratta di un nubifragio per cui basterà chiudere parchi e cimiteri per salvarsi, ed è evidente che non ci sia nulla di naturale in tutto questo. C'è qualcosa di magico, di oltre, sovrannaturale e sovrasserio quanto i mattoni e i corrugati spontanei, quanto il successo del padel e del poke. Qualcosa che lascia intendere l’approssimarsi di una qualche forma di apocalisse. Lampo. E poi piove. Ma non acqua, né grandine. Piovono cocci di bottiglia e feci di cane insacchettate. Piovono grattaevinci appena graffiati e taglienti, piovono cartocci di street food e biglietti del tram usati, piovono i posacenere delle auto svuotati nei parcheggi, piovono monopattini e biciclette in sharing, piovono bottigliette di plastica, e centesimi di rame e centinaia di materassi, e mobili, e piove tutto ciò che è stato gettato addosso alla città, senza rispetto. La gente, gli abitatori, scappano, si rifugiano nelle proprie case, lontani dalle finestre perché ciò che piove è pericoloso. Jonathan Thoughts guarda il cielo. Pensa qualcosa, e non lo dice.

 

Volare in questa tormenta si fa sempre più duro. Rafe’, esausto, viene attirato da una vecchina giù in un giardino, che sta in mezzo all’atipico fortunale, come se nulla la potesse ferire. Plana verso di lei, vestita con abiti logori e fuori misura, e quella invece di scacciarlo gli fa cenno di avvicinarsi di più, gli mette uno strano pezzo di carta nel becco, poi gli dice di sbrigarsi a rientrare e a portarlo ai suoi. In volo verso casa, Rafe’, deve tenersi basso, rasentare i tetti, le antenne televisive, i terrazzi. È un po’ stranito per quell’incontro e continua a chiedersi cosa mai sarà il foglio lucido che la vecchietta gli ha dato.

A tratti piove di tutto: detriti, pezzi di cornicione, dischi dei Cugini di Campagna… Quando appare un panino col würstel svolazzante a velocità sostenuta, il volatile lo evita per un pelo e decide che è ora di ripararsi su un alberello sparuto che gli offre una protezione moderata. Quello trova. Non altri. Il vento è rapace e Rafe’ deve stare particolarmente attento e proteggere il bottino che regge nel becco.  Sta lì un po’, poi si stufa e guarda il cielo. Ancora volano schifezze.

Aspetta.

Aspetta che quel bailamme si plachi.

Dopo una mezz’oretta la pioggia maleodorante, densa delle lordure della metropoli, si attenua e Rafe’ può riprendere il volo. Teme che ricominci, dunque si affretta. Batte il chilometro lanciato, rasenta Mach 2 (o così crede), piomba stremato a via dei Cinquecento, in casa di Nino, e si posa sul davanzale vicino alla sua voliera.

Jonathan e Zao, seduti sul divano a osservare la pioggia mefitica dalla finestra vicina, lo vedono arrivare e gli aprono. Sono tutti riuniti a elaborare le prossime, decisive mosse nel quartier generale, cioè a casa di Nino. Gli altri sono in cucina a preparare non si sa quale intruglio.

«Oh de’ da donde sei sbuhato, Rafe’?» tuona Jonathan Thoughts.

Nino, che li ha appena raggiunti, spalanca gli occhi: «Jon, da quann’ ti sei messo a parlare toscano?».

«Niente, studio le lingue.»

Fabietto, con la fionda in tasca, si sporge dalla porta della cucina, guarda Rafe’ e chiede:

«Cos’è quella roba che tiene nel becco?».

Tutti si girano.

In effetti Rafe’ ha una cosa nel becco. Una fotografia, sembra. Nino si avvicina e gliela prende. “Era ora, ne podevi pü” pensa il volatile (anche Rafe’ studia le lingue, ma del Nord).

Nino osserva la Polaroid che ha in mano: una chiesa. La solleva, la gira e la mostra agli altri. «Qualcuno conosce a ’stu post’?»

Poi nota una scritta sul retro della foto e la legge ad alta voce. «Qui c’è scritto: “Cerca il frate dell’olio”.»

Nino passa la foto a Jonathan Thoughts che la osserva perplesso e sprofonda sul divano scuotendo la testa, quindi arriccia il naso, aggrotta le sopracciglia ed esclama: «Popolo! Sento puzza di brucio!».

«Ma che n’è? ’A foto? O la scritta?» gli chiede Nino preoccupato.

«No, ce l’ho con i pirla che erano in cucina e adesso sono qui a ficcare il naso. Cosa avete lasciato sul fuoco?»

Un fumo denso fuoriesce dal vano cottura, Fabietto, Toni e Zao si fiondano a spegnere il gas e spalancano la finestrella.

Dall’altra stanza esce Annarella con Tecla addormentata in braccio, e subito mette sotto i suoi: “Toni, a mamma, butta tutto nel lavabo. Ci pensiamo domani a grattare la pentola. ‘O Ni’, cala un altro chilo di pasta e miettece un poco della conserva ch’amm’ fatto questa estate. Mo’ me ne torno di là, che stong ’na pezza da piedi.

«Vabbè, ora ’un farla miha troppo lunga, io lo so che chiesa è quella.»

«Pure io» interviene Zao.

«Eh, per forza, tu ’sta sempre appiccihato a’ hompiuter, ti sarà capitato di vederla»

«Lo dite anche a noi oppure si deve pregarvi, dato che stiamo in tema religioso…» Denali, che era in bagno a cercare di far addormentare il piccolo Ettore, ha sentito tutto.

«È la Certosa di Garegnano!» li illumina Jonathan, che per la foga ha smesso di essere toscano.

«E dov’è?» chiede Toni, che Milano la conosce solo a pezzi.

«In fondo a viale Certosa, che si chiama così per via di quella chiesa lì.»

«E ci sono i frati? E fanno l’olio?» prosegue Toni guardando alternativamente suo padre Nino e il loro guru Jonathan Thoughts.

Nino solleva spalle, e sopracciglia e baffi, operazione abbastanza efficace se si vuole esprimere perplessità senza usare parole. Sta un attimo a riflettere, poi pacatamente ammette, laconico: «Frati sì, olio nun o’ sacc».

Jonathan interviene a tagliar la testa al topo (lo so, si dice al toro, ma qui tutta roba piccola): «Amici, è di sicuro un messaggio in codice. Scommetto che questo frate dell’olio ha a che fare con quello che sta piovendo dal cielo.»

Zao lo interrompe e prosegue: «Ho dimenticato di riferirvi una cosa che forse potrebbe essere importante. In un file criptato nel computer del vecchio zio Tao si dice che il Difensore ha lasciato qualche traccia di sé in una grande chiesa. Non so chi o cosa sia il Difensore, ma c’era scritto così».

«Il Difensore, hai detto? Allora tutto torna» replica agitato Jonathan Thoughts. «Il Difensore è già passato da Milano, tanti, troppi anni fa. Rafe’, chi ti ha dato quella fotografia?» Ma ovviamente non ottiene risposta. «E, comunque, riposati un po’ nella tua voliera, si vede che sei stanco morto.»

Rafe’ mette su uno sguardo grato e pensa: “Cuori di cornacchia nella tormenta, per fortuna che gh’hè un quaidun che pensa un cicinin anca a mi”. Poi piega la testolina a destra e a sinistra e aggancia gli occhi di Jonathan Thoughts.

Jonathan ha visto tutto negli occhi di Rafe’, è preoccupato, e prende il topo per le corna (lo so, lo so, ma come dicevamo… qua tutta roba piccola, e pazienza se i topi non hanno le corna, la metafora rende), decide, dunque, per tutti. Fuori è ricominciata la pioggia di detriti che si riversano sulle coscienze di coloro che pascolano i cani e sui sogni dei liceali che bigiano scuola, dedicandosi a sporadiche corsette nel parco tra una birretta e l’altra. Nuvole dense e gonfie impestano minacciose l’orizzonte.

«Adesso noi ci dividiamo e andiamo a cercare questo benedetto frate al Garegnano! È più prudente muoversi in tre gruppi.»

 

Il viaggio dell’eroe

 

Nino inforca la bici da finto rider, seguito dal fido Rafe’ che si atteggia a drone in planata sopra la sua testa, esce dalle case popolari e parte in direzione Corvetto.

Gli altri si organizzano così: Jonathan, Toni e Zao prendono la circonvallazione sud, mentre Denali con Ettore e Fabietto taglierà per il centro di Milano. L’idea di base è evitare la tormenta di oggetti volanti e aggirare tutti i muri che ostacoleranno il loro cammino. Un po’ come i membri delle famiglie nobili e importanti e ricchissime che per questioni dinastiche non volano mai tutti con lo stesso aeroplano. Ecco perché i nostri si sono divisi. Chi prima arriva cerca il frate, recupera l’oggetto e salva l’umanità. Se proprio non ci riesce, ripiega sul gelato della pasticceria di via Pareto, la via che conduce alla Certosa, con buona pace dell’umanità tutta, al grido di: “Abbiamo fatto del nostro meglio, a me un cono pistacchio e yogurt!”.

Passato piazzale Corvetto, Nino pedala fino a Porta Romana, quando un muro gli sbarra la strada, un muro dalle cui fessure sbucano tubi corrugati: il male assoluto! Ma Nino è agile come un topo di appartamento… anzi come una gazzella (perché topo di appartamento lo è davvero, dunque la metafora non regge) e riesce a dribblare muro e corrugati con un’impennata brusca. Neanche fosse un ragazzino in BMX, plana su viale Montenero.

Dall’alto Rafe’ approva la manovra con un paio di cra cra ben assestati e volteggia a zigozago per evitare le pannocchie volanti (a proposito, che ci fa in giro il mais che non è periodo?), i gomitoli di lana grezza e pezzi di tegole coppo, i più pericolosi tra gli UFO che impestano il cielo a momenti alterni. Arrivato in via Montenero, Nino prosegue spedito, passa viale Premuda alla velocità di Fausto Coppi, evita rotoli di scotch biadesivo che si librano minacciosi e fulminei, transita davanti a Eataly, che una volta era un teatro ma adesso ci vendono le golosità a caro prezzo.

Vorrebbe fermarsi a cercare le tisane di Natale alla cannella, ma forse non le hanno ancora tirate fuori e poi non c’è tempo. Indugia, quindi riparte e piega a destra, Cimitero Monumentale, piglia la ciclabile e resta sotto gli alberi. Intanto vede alcuni passanti con degli ombrelli di alluminio. Si sono organizzati contro la pioggia di detriti. “Italiani, brava gente” pensa. “Trovano una soluzione a tutto, tranne che per ’a fatica…”

Via Cenisio è intasata, Nino fa lo slalom tra le auto che devono godere tutte dell’assicurazione antigrandine, perché gli sembra che i proprietari stiano troppo tranquilli: non paiono soffrire a beccarsi tutta questa roba sul tettuccio.

Piazza Firenze, altri muri e qualche corrugato che esce minaccioso da un tombino. Lui evita tutto, ormai è un professionista della virata improvvisa.

Nel controviale di viale Certosa per poco non si scontra con il tram numero 14, quello che fa il giro dei cimiteri, abitato da vedove tristi vestite di nero. Nino butta un’occhiata all’interno e si rende conto, non senza una certa amarezza, che ci sono molte più vedove donne che vedovi maschi. La cosa non lo rende felice, a lui che è maschio, ma è l’ineluttabilità della vita.

Si riscuote dai foschi pensieri, si lascia a sinistra il vasto fabbricato di MediaWorld, rutilante di luci e vetrine informatiche, e pedala all’impazzata nel controviale in direzione nord. Centro commerciale Portello, un paio di alberghi, due o tre signorine poco vestite e ammiccanti, ed eccolo arrivato in fondo. Attraversa (da sotto) la sopraelevata dell’autostrada Milano-Laghi e poi la vede.

La Certosa! Si staglia verso il cielo impestato di detriti, quasi immune a quel grandissimo casino volante. Pare intoccabile, un’aura di santità la permea. Il delirio non la sfiora.

Nino resta incantato, mentre Rafe’ che lo aveva seguito fin lì dall’alto si fa un giretto esplorativo intorno al campanile e sparisce in una finestrella, per poi ricomparire di nuovo sul tetto e ripigliare a seguire Nino, che si immette in senso vietato sulla via Garegnano, pedalando sul marciapiede. Giunto in fondo, la piazzetta si presenta amena ai suoi occhi di ladro-finto-rider. Una villa sulla sinistra lo affascina: prende mentalmente nota che ci si potrebbe fare una visitina nottetempo. Appoggia la bici a un paracarro ed entra nel cortile della Certosa.

A destra una porticina, in fondo un'altra corte con l’ingresso della chiesa. Scorge un frate col cappuccio calato e gli si avvicina, è molto scuro di pelle, forse senegalese o del Ghana.

Di ulivi intorno nemmeno l’ombra.

“Che sia una storia di olio santo?” L’idea dell’estrema unzione fa rabbrividire Nino, nemmeno l’odore di incenso che sente intorno riesce a toglierli una brutta sensazione.

«Scusasse, è lei Fra…?»

«Pace e bene, fratello, cercavi me? Sono Fra’ ’Ntoio, il priore di questa piccola comunità. Cosa ti porta al Garegnano?»

Fra’ ’Ntoio squadra Nino e capisce subito che quel tipo vestito da rider non promette niente di buono. Pizze non ne hanno ordinate.

Nino conta fino a dieci prima di scoppiare.

“Se becco quel fetentone che ci ha mansdato l’indizio lo faccio secco… il frate dell’olio… Fra’ ’Ntoio … cos’e’ ppazz! Ma aro’ cazz ha preso sta maronn’ ’e foto Rafe’?”

Poi guarda bene il frate: dalla tasca del saio sbuca una piccola porzione di tubo corrugato. Nino deglutisce e indietreggia di un passo. Piega la testa indietro. Guarda in alto, scorge il pennuto che si spidocchia sulla grondaia e ordina: «Rafe’! Scenn’ abbasce, subit’!».

 

CONTINUA...

 

4 commenti:

  1. Ecco lo spunto di Mirella:
    Magari si ricomincia da dove tutto è partito...dalla Fornace Curti che ha "sfornato" i mattoni e i sogni di tutti i personaggi di Strastorie e che prima d'ora aveva in tempi non sospetti abbellito con i cotti l'università Statale, l'ospedale Ca' Granda e aveva sorretto con i suoi mattoni le mura spagnole e protetto con i suoi coppi il castello Sforzesco...tutto, già da allora, a cintare e proteggere Milano...e anche un po' a renderla schiava come con i muri che sorgono in questa storia!

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  2. Ecco lo spunto di Graziella:
    Fra’’Ntonio in verità è un agente del Guo An Bu servizio segreto cinese allertato da Zao. Zao e Jonathan arrivano fortunatamente poco prima che Nino e Rafe’ si avventino sul frate che cerca di nascondere l’oggetto della ricerca.
    Inaspettati arrivano anche l’avvocato Dei e Sayed che sfruttando la sua mole è riuscito a recuperare l’avvocato.
    La cosa più importante però è che la piccola porzione di tubo corrugato sia salva.

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  3. Rafe' capisce che sono finiti nel posto sbagliato, che tutta quella lunga corsa per Milano è stata inutile, e forse ora Nino è in pericolo. Così decide di non stare con le penne in mano. Si butta in picchiata sul frate, gli ruba il pezzo di tubo dalla tasca, lo stringe nel becco e inizia a volare in cerchio sulla testa di Nino, in attesa di istruzioni.

    Silvio

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  4. Le cose non sono mai quello che sembrano. Un frate a questo punto della storia può essere tutto tranne che un frate. E infatti sotto le mentite spoglie di Fra ‘Ntoio si cela l’assessore magistralmente camuffato.

    Irina

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