lunedì 13 novembre 2017

StraStorie – Gialla è la città. L'incipit

StraStorie – Gialla è la città. Capitolo 1. Controcorrente
di Riccardo Besola, Andrea Ferrari e Francesco Gallone


I cadaveri delle nutrie erano tutti ammassati a ridosso della chiusa di via Melchiorre Gioia.
La luce schiacciata del mattino di novembre tagliava di netto il naviglio della Martesana e lasciava quasi in ombra le foglie rossicce degli alberi affacciati su quel macabro spettacolo. Le alghe, lunghe e marroni, seguivano il corso della corrente e lambivano i corpi, come a saggiarne la veridicità della morte.
Una foschia densa di umidità, che odorava di gas di scarico e di sottobosco, allargava i polmoni dei corridori mattinieri, che sfidavano il freddo e le polveri sottili pur di sentirsi come i loro colleghi newyorkesi. I grattacieli di porta Nuova e il torracchione dell’Unicredit erano, d’altronde, poco distanti e ben visibili.  
La Martesana, il naviglio meno glamour di Milano e per questo forse il più sincero, spariva sotto il duro tessuto urbano proprio dopo la chiusa. Pareva un filo d’acqua, verde scuro, che provava a suturare la città e le sue ferite, nel tentativo di tenerne insieme le diverse anime: quella legata alle tradizioni e al tempo in cui i barconi portavano sabbia e merci verso il centro, e quella tesa tutta verso l’alto, sparata come un razzo nel futuro, verso la modernità più sfrenata fatta di moda, design e cibo costosissimo, ma a km0 come le auto aziendali.
Il traffico di Melchiorre Gioia, i clacson e le continue imprecazioni degli automobilisti non sembravano scalfire la superficie del naviglio che baluginava nei primi riflessi del mattino.
Se ci si fosse girati con le spalle alla carreggiata si avrebbe davvero avuto la sensazione di trovarsi in un borgo del primo Novecento, quando Milano era una città d’acqua e i bambini facevano il bagno proprio lì, dove adesso c’era quel mucchio di nutrie morte, o più in su verso il convento di Santa Chiara, all’altezza del vecchio ponte di sasso e dell’imbarcadero di villa Angelica. Poi la guerra e le bombe ignoranti se l’erano presa con una scuola elementare e da allora l’innocenza era andata perduta, come le vite di alunni e insegnanti.
Il primo a insospettirsi per quella strana concentrazione di nutrie morte fu un ragazzo che non arrivava a trent’anni e che portava a spasso il suo cane nero. I baffi biondi arricciati all’insù, il cappellino di lana e gli occhialoni vintage sparivano dietro allo schermo dell’iPhone con il quale stava documentando la scena del crimine.
Facevano così, i nuovi abitanti della zona, fotografavano tutto e lo condividevano all’istante in rete. Erano arrivati lungo le rive della Martesana e sulle sponde di via Padova da poco tempo, ma avevano già portato una ventata di frivola giovinezza che era quasi riuscita a scalfire le ataviche resistenze del naviglio e degli abitanti del vicinato. Erano architetti, artisti, designers o semplicemente “creativi”, come amavano definirsi. Avevano la mania di vivere a Berlino o a New York, come i corridori, ma avevano capito che via Padova e tutta la zona intorno a piazzale Loreto sapeva essere molto più economica e altrettanto eccentrica. Così avevano trasferito da quelle parti tutte le loro carabattole e i loro studi, o atelier, e alcuni di loro avevano ribattezzato la zona NoLo. North of Loreto: a due passi dal Duomo, ma così vicina (almeno idealmente) all’East Village o a Kreuzberg.  
Il naviglio, eletto a East River, dal canto suo si era limitato a scorrere imperterrito, scettico, e a segnare il tempo e le stagioni con i suoi colori sfavillanti dal verde acceso primaverile al rosso arrugginito d’autunno, senza celare il secco arido estivo carico di odori e zanzare, e la fanghiglia invernale. Le vite degli altri mondi affacciati sulle sue sponde non lo infastidivano più di tanto, fossero quelle dei Rom che per tanti anni avevano vissuto giù in via Idro o le stramberie di quei ragazzotti vestiti in modo improbabile con la fissa dell’arte.
In inverno, ma solo a tarda sera, il naviglio restava solo e, allora, assaporava il silenzio dei canneti e i frulli d’ala delle gallinelle d’acqua ritmato dal nuotare indaffarato delle nutrie che da anni erano le vere, e uniche, regine della Martesana, da Gorgonzola a via Melchiorre Gioia.
Il giovanotto con i baffi arricciati e il cane nero aveva appena scritto due righe di commento a quella foto, postata su Instagram, quando ingrandendola per vederla meglio notò qualcosa di ancora più orribile: fra le carcasse delle nutrie spuntava una mano.

Guendalina Ravazzoni, #presadiretta

Io stavo là da quando era arrivato il primo corpicino, una giovane nutria avvolta in un sacco di plastica trasparente. Il sole sbordava dall'orizzonte proprio in quel momento, ma la sua luce fredda rendeva soltanto più agghiaccianti i gesti: la tirammo a riva, non c'era niente da fare. Mentre tentavamo di capire come fosse morta, li avvertimmo arrivare, come un presentimento. E i cadaveri cominciarono a scorrere davanti ai nostri occhi, fino alla chiusa, dove si incastravano. Schiacciati da uno spettacolo tanto mesto, ci sedemmo a ragionare sul da farsi: o meglio, io sapevo già che fare, era come farlo capire a lui, il più grosso dei miei problemi. E ora che era arrivato pure l'altro sveglione con i baffi, speravo che due teste, seppur così vuote, potessero intuire che azioni intraprendere. E ovviamente, l'imbecille con le caviglie nude e i mocassini senza calze aveva scelto il social network.
Io mi chiamo Skrriekkhh, ma per comodità potete chiamarmi Jake la Nutria o, come fa il mio amico, Bob. Sono una nutria, e sono molto più intelligente di quanto possiate pensare – tutte le nutrie lo sono, ma non per vantarmi, io lo sono di più – sicuramente più del mio amico umano, Luca. Luca mi chiama Bob perché è convinto che io sia un gatto come quello che diventa amico di un drogato in un film che lui ama rivedere assieme a me, pratica che trovo certamente molto romantica, ma pure avvilente, perché per quanto Luca sia uno stupido, non riesco a capacitarmi di come non riesca a notare la diversità che passa tra un roditore e un felino, ma amen. Certo, se voi esseri umani siete tutti così svegli da notare un fiume di nutrie morte e invece che allertare le autorità – che comunque, lasciatemelo dire, sono talmente poco affidabili che potrei capire se non le contattaste intenzionalmente – gigioneggiarvi scrivendo un post su Instagram, e poco dopo condividerlo su Facebook  aggiungendo che tra le bestioline morte c'è una mano umana, allora mi rassegno. Mi chiedo solamente come abbiate potuto divenire la specie dominante, ma infinite sono le vie del Signore, che ovviamente, noi immaginiamo con le sembianze di un roditore cosmico e non di un occhio inscritto in un triangolo come fa la maggior parte di voi.
Insomma, mentre il lungo Naviglio si popolava di gente che andava a lavorare, e Luca diceva al tipo con i baffi da buffone una delle frasi intelligenti con cui riusciva sempre a trafiggere il mio povero cuore: “Eh, sì, sono tutte morte...” e il cane nero cominciava a interessarsi troppo alla mia carcassa viva dopo aver annusato un poco quelle defunte, finalmente una signora esclamò: “Ommioddio! Che spettacolo orrendo! Bisogna chiamare immediatamente i Vigili!”.
E la signora la mano non l'aveva nemmeno notata, perché non ne fece menzione mentre denunciava il fatto al cellulare. Le persone presero ad accalcarsi tutt'attorno, curiose e compiaciute che qualcosa avesse sconvolto la loro quotidianità. In me invece qualcosa si spezzò, rovesciando nel mio stomaco rabbia e indignazione. Come potevano essere morte, tutte quelle nutrie? E quella mano, che cos'era, che significava? Decisi che qualcuno doveva fare qualcosa, e quel qualcuno, per come la vedevo, potevo essere soltanto io. Luca non sa attraversare neanche la strada, senza di me. Il cane mi annusò e si mise a ringhiare: mi tuffai tra le mie simili, agguantai la mano e guizzai controcorrente, deciso a comprendere che cosa fosse successo.

***  
 
Questo è l'incipit scritto da Riccardo Besola, Andrea Ferrari e Francesco Gallone.
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StraStorie – Interagisci con l'autore mentre scrive e contribuisci al processo creativo 
Gialla è la città Edition per BookCity Milano
17-18-19 novembre 2017
Un format di Valeria Ravera
Con Riccardo Besola, Andrea B. Ferrari e Francesco Gallone
In collaborazione con la Libreria Covo Della Ladra, Ladra di Libri
#presadiretta, illustrazione di Guendalina Ravazzoni
Musica di Alessandro Arbuzzi
Dal vivo allo Spazio Ligera, via Padova 133 Milano
e sul web: www.strastorie.it, facebook.com/strastorie


6 commenti:

  1. La scena non poteva passare inosservata. una mole indefinita di nutrie tutte morte è ammassata ai lati del Naviglio. una coltre nera putrida che emanava un fastidioso odore. i ragazzi scattavano foto con il loro smartphone. altri passavano veloci come se quel fatto inaspettato non li riguardasse. in effetti a chi poteva interessare la morte di quei topacci? forse a qualche animalista pronto gridare che "no non erano brutti topacci, ma deliziosi Castorini!". ma c'era qualcosa in più. un vecchio stretto nel suo impermeabile sabbia guardava un punto preciso di quella Mole. tra i cadaveri si intravedeva una mano, una mano umana. evidentemente sotto i corpi giaceva un cadavere. il vecchio già ricordava cosa accade quando era più giovane. si ricordava la storia dell'avvocato Turiddu Sompani trovato morto assieme ad Adele Terrini a bordo di una FIAT 1300 annegati nel buio del Naviglio Pavese. il vecchio aveva conosciuto in carcere l'avvocato turiddu e lui successivamente per uno strano destino aveva indagato su quel caso anomalo come lo sono gli omicidi. Giunti i vigili, rimossi i corpicini neri morti emerse il corpo più grande umano, morto anch'esso. Orribilmente mutilato. un corpo grande robusto, di chi piace mangiare bene e molto. un corpo elegantemente vestito, un abito grigio con il panciotto, camicia bianca con i polsini d'oro, una elegante cravatta, scarpe rosse modello inglese anzi inglesi di grande marca. un uomo che non sarebbe passato inosservato vuoi per la sua mole vuoi per la sua eleganza ricercata. chi frequentava l'ambiente giudiziario come il vecchio ben conosceva il morto. a distanza di oltre 40 anni un altro avvocato morto in un Naviglio. vi era forse una connessione? Beh una c'era! ancora una volta sulla scena del delitto c'era a Duca Lamberti.

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  2. angelo repetto15 novembre 2017 07:58

    nuotavo con questa mano morta e gonfia in bocca, e mi venne in mente un episodio accaduto qualche notte prima, di quel tipo, un uomo qualunque, anonimo, seduto sul ciglio del naviglio, che parlava da solo, guardandoci senza vederci, probabilmente. Parlava da solo, senza fretta: " Basta, che vita è questa? Non ce la faccio più. Tutti questi segreti, inconfessabili. Che razza di persona sono? Non riuscire a parlare con nessuno. Certe cose fatte non riesco a dirmele nemmeno da solo ad alta voce, ma mi passano dentro, mi attraversano come la mannaia del macellaio, non si fanno certo dimenticare.
    Ho avuto una infanzia difficile, me lo dico da solo, ma credo sia vero. Quando ho provato a dirlo, non mi hanno creduto, questo mio dannato aspetto ordinario...Mia madre tradiva mio padre, quante volte ho provato a gridarlo, rimanendo però muto, incapace di proferire anche una sola parola. Da bambino gli altri bambini mi maltrattavano, ero solo. Non lo sono stato più. Però questa doppia, tripla vita mi sta distruggendo. L'alcool, la droga sembravano un buon metodo per tenere buono il tumulto che ho dentro di me, sembrava...ma dopo un primo momento di pace, era ancora peggio, varcavo nuovi confini, umiliavo la mia stessa intelligenza, la mia dignità. godendone.
    La preghiera. Anche con il fervore religioso avevo fallito, mi inginocchiavo rannicchiato e pregavo, pregavo, contrito. come un santo. Mi si addormentavano le mani tanto li tenevo strette una con l'altra, ma dopo un iniziale sollievo precipitavo di nuovo. sempre più giù. Avessi almeno il coraggio di farla finita. Buttarmi in questo canale. fermerei tutto, mi salverei, forse. Porterei i miei segreti con me. Senza la paura, un giorno, di trovare il coraggio di gridarli al mondo. fanculo il mondo."
    Mandato a fanculo il creato, l'uomo si alzò, e tiro un grosso sasso proprio nella mia direzione, lo stronzo. Il sasso mi sfiorò, sentii lo spruzzo d'acqua che mi colpiva il muso. quando riaprii gli occhi, era scomparso.
    Adesso nuotavo con questa mano tra i denti, senza sapere bene cosa fare, quando lo vidi. proprio a fianco a me, in bicicletta che costeggiava il canale, l'uomo della notte, il chiacchierone lanciatore di sassi. pedalava di buona lena e...sorrideva.

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  3. Un altro suggerimento è arrivato via mail da Amalia:
    "Il dolore, la tensione per quanto era accaduto avevano fatto correre via angosciato Jake da quel posto ormai sovraffollato e rumoroso. Poi, trovato un angolino tranquillo, si era fermato per schiarirsi le idee. Si era accorto che dalla bocca penzolava qualcosa. Lasciò cadere l'oggetto a terra...era una mano. La esaminò con attenzione, l'annusò a lungo e si accorse che era un arto artificiale, una fedelissima riproduzione di una mano vera, anche il sangue rappreso era in tutto simile a quello umano. Questa scoperta non facilitava il compito. A chi apparteneva l'arto? Come mai si trovava tra le nutrie morte? Un'altra cosa agitava il nostro: il corpicino della giovane bestiola avvolto nella plastica che precedeva la massa degli altri corpi. Perché si trovava avvolto nel cellophane? Forse qualcuno lo aveva trovato e sospettando un affare losco lo aveva raccolto per esaminarlo, ma era stato scoperto e ne era seguita una rissa... e prima il pacco e poi la mano erano caduti nell'acqua. Quale mistero si nascondeva dietro questa vicenda?"

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  4. Jake la Nutria risale la Martesana. Ha due mete in mente, dove crede di trovare risposte. A Vaprio d'Adda, presso la Casa del Custode delle acque. E poi Crespi d'Adda, al cimitero, avvolto nella geometria nebbiosa di croci in pietra ordinate in file. Lì l'aspetta...

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  5. Se è vero che mi chiamo Jake, risolverò questo caso, Santa Nutria vergine! Fosse l’ultima cosa che faccio nella vita.
    Le acque rosso ruggine di questo autunno ormai inoltrato, mi porteranno consiglio, proprio come a quello scombinato di Pinus l’ultimo goccio di Chivas delle bottiglie lasciate sull’argine nel week end da qualche ragazzotto euforico e poco educato.
    Milano non sa che le risposte arrivano sempre dall’acqua, me lo diceva sempre anche mia madre prima di sparire. Ma qiesti esseri umani sono distratti e hanno perso la capacità di osservare; non si sono accorti, per esempio, che il mucchio di nutrie è formato solo da femmine. E no, per loro siamo tutti uguali: una nutria vale l’altra.
    Rivedo il mucchio: forse non è composto casualmente da corpi buttati lì, forse è stato composto così: quasi ordinato.
    Mentre nuoto mi interrogo su questa mano che ho in bocca: è ormai un pezzo rigido e di un colore scuro che non riconosco molto, mani così non se ne vedono da queste parti. E’ grande, quasi quando me, mi pare gonfia, ma forse è solo l’effetto dell’acqua. Così non ne esco. Devo cambiare prospettiva; non mi devo fare domande sulla mano ma sul resto del corpo mancante: dov’è adesso, com’è fatto, di chi è quello che io immagino un ammasso di corpo umano in giro per chissà dove. Ma non dev’essere andato lontano. Dove può andare uno senza una mano, senza destare sospetti? Indosserà un guanto? Un moncherino… o fingerà di essere un attentatore dell’Isis: si sa, loro girano sempre con un guanto a coprire una solo delle mani.
    Ci vuole la domanda giusta! E l’unica che sa porre domande giuste è Svvamp e a quest’ora so dove trovarla.

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  6. Senti senti che begli odorini sta mani ... Ce ne sono di sfiziosi, di consueti e di molto strani: questo non è gatto, nemmeno topo, tantomeno piccione. Pesce? Forse ma non proprio. Annusa, annusa.
    Ma è vivo, lo sento, si muove nell'acqua, ha paura di me che sono qua e sento il suo odore anche se non lo riconosco, non l'ho mai sentito prima ma mi piace, sembra un po' pesce e un po' anatra selvatica di quelle che ho rincorso sul lago di Garda quest'ultima estate. Devo avvisare il mio padrone, abbaio ma lui sembra distratto; se solo mi mollasse un momento potrei buttarmi, l'afferrerei e glielo porterei, è nella mia natura retriever, non posso farci niente, devo andare, devo prenderlo, devo portarlo a riva. Sta scappando .... Nuota con qualcosa in bocca .... È mio, vado, mi butto. Spalsh.
    "Haring vieni qui! Torna!"
    Ma il cane era già in acqua nuotando controcorrente seguendo il suo istinto, la sua natura e quel quasi pesce che ancora non conosceva che nuotava piú veloce delle anatre selvatiche del lago di Garda.

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